LA RAPINA

La rapina e le sue caratteristiche principali.

La rapina è un delitto ad alta pericolosità sociale. È rubricato all’art. 628 c.p., pertanto nel libro del codice sostanziale che descrive le fattispecie di reato contro il patrimonio. In realtà la rapina è percepita, proprio in virtù dell’alta offensività, come reato non solo contro il patrimonio ma anche contro la persona. A prova di questo vi è il dato letterale: si legge nell’art. 628, primo comma c.p. che è punito con la reclusione da tre a dieci anni e la multa da 516 a 2065 euro chiunque, attraverso l’uso della minaccia o della violenza, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto. La rapina è un reato complesso, anzi è il reato complesso per eccellenza: è formato dal reato di furto e dal reato di violenza privata.

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Nel delitto di rapina, quindi, la violenza e la minaccia servono a neutralizzare la possibile difesa del soggetto detentore del patrimonio aggredito. La minaccia consiste in un qualsiasi atto finalizzato ad impaurire il destinatario attraverso la prospettazione di un male per ridurne la libertà psichica. Di insegnamento al riguardo è la Sentenza della Corte di Cassazione in sez. II n. 948 del 2009 la quale ha statuito che la minaccia che integra il delitto di rapina può essere esercitata mediante qualsiasi comportamento che, prospettando un male alla persona offesa, ne limiti la libertà di determinazione, sicché, il reato sussiste qualora l’agente, falsamente presentandosi come operatore di polizia, effettui una fittizia perquisizione domiciliare, in tal modo comprimendo la libertà psichica della vittima, per impossessarsi dei beni altrui.

Anche per quanto riguarda la violenza, come elemento neutralizzante la vittima del reato, è necessario specificare che non va intesa solamente come energia fisica diretta alla persona del derubato, ma ha una portata più ampia perché si evidenzia in qualsiasi atto o fatto che si risolva in coartazione della libertà fisica o psichica. La Cassazione ha reputato che integrasse l’estremo di violenza nella rottura di una vetrata di un’agenzia bancaria con un’autovettura (Cass. Pen. 8961/2016) oppure il costringere la vittima alla guida ad arrestare la marcia, buttandosi con il proprio motorino dinanzi alle ruote dell’autovettura (Cass. Pen. 1176/2012).

L’art. 628 c.p. propone tre tipologie di rapina: propria, che è quella di cui abbiamo discorso fino ad ora, impropria e aggravata.

La rapina impropria è descritta dal legislatore all’art. 628, secondo comma. Si legge infatti che soggiace alla pena della reclusione da tre a dieci anni e la multa da 516 a 2065 euro chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità. La differenza tra le due modalità di rapina pertanto è tutta incentrata sulla linea temporale: nella propria Tizio usa violenza o minaccia per spaventare Caio e prendere la res; nella impropria Tizio prende la res e successivamente per scappare o non farsi togliere dalle mani il bottino usa violenza o minaccia. Di conseguenza, il momento consumativo tra le modalità di rapina è diverso: nella propria è il momento dell’impossessamento, nell’impropria si perfeziona il reato con l’uso della violenza o minaccia.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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