MENTRE voi discutete noi andiamo a Milano alla festa». Dev’essere risuonata più o meno così la frase con cui due fratelli minorenni — di 17 e 16 anni — si sono congedati prima di lasciarsi alle spalle la porta d’ingresso. Pensavano d’avere appena ottenuto ciò che volevano: uscire in libertà. Ma non sapevano cosa sarebbe successo di lì a qualche ora all’interno delle quattro mura: una discussione fra i genitori quarantenni degenerata in percosse, graffi e morsi fino all’arrivo di ambulanza e polizia. E il papà rinchiuso a San Vittore. un vero è proprio dramma.
GIÀ, perché il dramma è cominciato alle due di notte a cavallo fra mercoledì e giovedì scorsi su come educare i figli lei favorevole a fare andare i due ragazzi al rave party di Milano, lui contrario si è trasformata in una mezza mattanza. Lei che cerca di soffocarlo ficcandogli un dito in bocca. Lui che per liberarsene glielo morde e quasi glielo strappa via. Sì, perché in quanto a fattezze fisiche e aggressività non scherzano: entrambi brasiliani d’origini ancorché trapiantati in Italia, il papà ha la stazza del gigante di colore protagonista del film “Il miglio verde”, il ciccione dotato di poteri soprannaturali rinchiuso nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione sulla sedia elettrica.
La mamma, invece, non è proprio uscita da una réclame del Mulino Bianco: gli incide il viso con le unghie procurandogli una profonda ferita al volto e poi lo morsica un po’ dappertutto: alle braccia, al torace, alle mani. A un certo punto la donna cade pare, da quanto raccontato agli agenti, scivolando sul sangue impiastricciato a terra e si procura un taglio all’arcata sopraccigliare. I vicini chiamano il 113. Quello di maltrattamenti in famiglia è un reato perseguibile d’ufficio: il padre viene spedito in carcere e denunciato. Anche se in verità sembra averle più prese che date, le botte. Insomma, un classico caso in cui le due parti di vittima e carnefice non sono molto chiare. Ed è il primo pensiero che viene in mente a Francesco D’Andria, l’avvocato milanese che ora difende il padre di famiglia. «Si tratta di un dramma complesso racconta a cominciare dal fatto che la donna era una sorta di padre-padrone all’interno di casa e sottoponeva, da quanto ha confessato il mio assistito, a continui maltrattamenti psicologici il coniuge. Reo a suo dire di non lavorare, di non fare nulla. Questo perché era costretto a stare fermo (di professione è muratore, ndr) per via di un’invalidità acquisita».
QUEL CHE È CERTO è che nell’appartamento l’aria era da tempo pesante. I due adolescenti? Dei mezzi bulletti che non vanno nemmeno a scuola. L’alterco notturno, quindi, è tutto tranne che inaspettato: come cospargere il pavimento di alcol e giocare con i fiammiferi accesi… «È molto provato e non vuole tornare in quella casa continua D’Andria . Ha reagito per legittima difesa. Ed è sulla base di questo che ho chiesto la sua scarcerazione». Un vero è propio dramma consumato nelle mura domestiche.