L’OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE

 

Caro Lettore,

in questo articolo voglio raccontarti il caso di un mio assistito, indagato in un procedimento penale, per il quale è stata formulata dal PM la richiesta di archiviazione delle indagini a cui la persona offesa ha proposto, mediante i suoi legali, l’opposizione alla richiesta di archiviazione.

Devi sapere che al termine delle indagini preliminari il PM, valutati in senso negativo tutti gli elementi raccolti durante le indagini, chiede al giudice per le indagini preliminari la richiesta di archiviazione.

La persona offesa, in seguito alla notifica della suddetta richiesta da parte del PM, può presentare nel termine di 10 giorni l’opposizione alla richiesta di archiviazione chiedendo al GIP la prosecuzione delle indagini.

 

Ebbene, oggi voglio raccontarti la storia di un mio assistito, che chiameremo Michele originario dello Sri lanka, il quale è riuscito ad evitare di essere sottoposto a processo per dei reati mai commessi.

Michele si trasferiva nel nostro Paese nei primi anni 2000 e, dopo molti sforzi per trovare un lavoro e una casa dignitosa, finalmente nel 2006 riusciva a portare in Italia anche sua moglie Anna, e sua figlia Sara.

L’Italia, tuttavia, non si rivelava il “paese dei balocchi” sognato dalla sua famiglia: per vivere bene erano necessari tanti sacrifici.

Sacrifici che la moglie e la giovane figlia non erano disposte a sopportare.

Fu così che la figlia di Michele, Sara, sperando in una vita migliore decideva di sposarsi al più presto con un uomo italiano e si trasferiva da quest’ultimo, il quale viveva insieme agli anziani genitori Alvise e Maria Grazia.

Anna, la moglie di Michele, seguiva la figlia nel nuovo nucleo familiare e ben presto iniziava una relazione extraconiugale con il proprio consuocero Alvise, di oltre 20 anni più anziano di lei, non vedente ed invalido.

Il nuovo nucleo familiare, ovviamente patologico, non reggeva le tensioni e in breve tempo si sfaldava in modo traumatico.

Anna, infatti, ben presto denunciava il nuovo compagno Alvise per maltrattamenti e, nel conseguente processo, la di lei figlia Sara  si schierava dalla parte di Alvise difendendo quest’ultimo.

Alvise, inoltre, a sua volta denunciava Anna per calunnia sostenendo la falsità dei maltrattamenti da questa denunciati.

In questo contesto intricato sia da punto di vista umano che processuale, la figlia di Michele e Anna, Sara, presentava una serie di denunce contro i genitori, accusandoli di fatti gravissimi: la medesima, infatti, accusava i genitori di averla maltrattata e costretta a prostituirsi per anni, arrivando addirittura ad affermare che i predetti l’avrebbero indotta più volte ad abortire contro la sua volontà.

Fatti, lo si ripete, terribili se fossero stati veri.

In una successiva denuncia, Sara accusava la madre di essere una trafficante di droga, violenta, mafiosa e dedita ella stessa alla prostituzione.

Riferiva altresì che la predetta, in svariate occasioni, avrebbe tentato di ucciderla nascondendole delle pillole nel cibo.

Tutto ciò in palese contrasto con quanto riferito dagli assistenti sociali affidatari del nucleo familiare che descrivevano Anna quale persona fragile, spaventata dal compagno Alvise ma amorevole e premurosa nei confronti delle figliolette.

Da notarsi che ciascuna di queste terribili denunce venivano presentate subito dopo le denunce sporte da Anna contro Alvise, ovvero subito dopo gli sviluppi processuali delle medesime e che Sara in occasione di ogni denuncia era sempre accompagnata dal suocero Alvise.

Fu così che Michele e la ex moglie Anna venivano indagati per questi ignobili reati.

La scarsa credibilità della persona offesa, tuttavia, induceva il PM a chiedere l’archiviazione del procedimento.

La presunta vittima, tuttavia, si opponeva all’archiviazione e il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano fissava udienza avanti a sé nel Febbraio 2016.

In tale occasione, in qualità di difensore dell’indagato ossia di Michele analizzavo tutte le incongruenze, le contraddizioni e le lacune presenti nelle accuse mosse al proprio cliente nonché la scarsa attendibilità della vittima in considerazione del contesto generale in cui le denunce stesse erano sorte.

Sul punto, rilevavo altresì l’inammissibilità dell’opposizione proposta in considerazione del fatto che essa non indicava alcuna nuova “fonte di prova” da indagare, come invece richiesto dalla legge per tale tipologia di atto.

Il Giudice, concordando con la difesa, dichiarava inammissibile oltreché infondata l’opposizione presentata da parte offesa e archiviava il processo aperto a carico del nostro Michele, che dovrà tentare di lasciarsi alle spalle questa brutta storia nella quale è stato vittima inconsapevole delle recriminazioni di madre e figlia.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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