Slide – rubrica “avvocato di difesa”

Peppe, un uomo che ha “perso l’attimo” 

Il carcere di Opera è il “carcere duro” per eccellenza. È qui che si applica il famoso “41 bis”. Presso questo carcere vi è anche l’area “comuni”, per chi non è sottoposto al regime speciale. Ad Opera vi sono detenuti eccellenti, quali Totò Riina, Francesco Schiavone, Fabrizio Corona. Il mio cliente è rinchiuso lì. Ma, come dicono di lui, “non è un criminale”. E come dice lui: “Sono soltanto un uomo che ha perso l’attimo”. Peppe è un lavorato- re. Ha una moglie e tre figli. Purtroppo per lui inizia un conflitto familiare che lo porta alla separazione. Lo scontro con la sua “ex” diventa sempre più esasperante. Peppe deve subire, di volta in volta, insulti e crudeltà. Un “maledetto giorno” la consorte di Peppe, dopo un trascorso litigio, gli citofona e inizia ad insultarlo fino a dirgli che non vedrà più i figli. Peppe, come dice lui, “perde l’attimo”. Si arma di una vecchia pistola, scende nell’androne del palazzo, e spara alla moglie quattro colpi a bruciapelo. Così viene arrestato e processato. Ma c’è qualcosa che non va. L’imputato viene condannato non soltanto per omicidio della moglie, ma anche per “tentato omicidio”. I Giudici ritengono che l’imputato, sparando dal balcone, avrebbe cercato di uccidere anche il cognato, nel momento in cui questi sopraggiunse sul luogo del delitto. Quando leggo le carte processuali rimango esterrefatto. Non c’è nessuna prova che possa suffragare il verdetto di colpevolezza. Anzi, vi sono delle prove contrarie. La perizia balistica afferma che non può ricostruirsi la dinamica del tentato evento omicidiario. Infatti, non furono rilevate tracce dei proiettili sparati all’indirizzo del cognato (buchi sul pavimento, vetri divelti, ecc.). Inoltre i testimoni si contraddicono tra di loro. Chi dice che sono stati sparati due colpi, chi tre, chi addirittura uno. È tutto chiaro. La sentenza di condanna del tentato omicidio scaturisce da un giudizio “sospettocentrico”. Ovvero: solo sospetti, nessuna prova. Sicché, insieme alla collega Carmelina Adamo, presento ricorso in cassazione. Evidenziamo tutte le prove che confortano la tesi che Peppe è innocente. La suprema Corte ci dà ragione. Sentenza illogica. Omicidio tentato annullato. Quando vado a trovare Peppe Opera sembra meno grigia. Perché Peppe ha un viso luminoso. E la luce che ha negli occhi mi ricompensa del duro lavoro svolto. La verità è venuta a galla. Per un momento Peppe si è ripreso quell’attimo luminoso di verità che la sentenza di condanna gli aveva portato via.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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