Maltrattamenti in famiglia: il codice penale
Per i maltrattamenti in famiglia esiste un articolo del codice penale che disciplina il fenomeno dei maltrattamenti ovvero l’art. 572 e definisce questo reato come:
“Chiunque, fuori dei casi indicati precedentemente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.
I maltrattamenti in famiglia possono essere commessi da qualsiasi membro della famiglia ai danni di un altro. Dal 2012 è stata predisposta anche la tutela per i conviventi: in questo caso, data l’assenza di un legame, è necessario dimostrare che sussiste realmente una convivenza fra i due soggetti.
Attraverso il decreto legislativo n. 6, nel 2017 è stato introdotto il nuovo articolo 574 ter del codice penale:
“Agli effetti della legge penale il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Quando la legge penale considera la qualità di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato essa si intende riferita anche alla parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Grazie a questo articolo, quindi, il concetto di matrimonio è stato esteso anche all’unione civile di due persone dello stesso sesso.
Reato di maltrattamenti in famiglia: casi in aumento
In merito al reato di maltrattamenti in famiglia, nel 2016 è stato registrato che i casi sono aumentati notevolmente rispetto al passato: l’incremento è da 170 a 250 e questi numeri riguardano tutti casi contro noti.
La violenza domestica e/o intra-familiare è un tabù socio-culturale poiché le vittime fanno molta fatica a denunciarlo a causa della poca consapevolezza di quello che hanno subito. Per questo motivo risulta molto complesso far emergere e contrastare questo fenomeno con gli strumenti adeguati.
Denuncia: come farla
La denuncia può essere fatta recandosi in questura o presso la stazione dei carabinieri, invece, se la vittima decide di querelare il coniuge può rivolgersi ad un avvocato specializzato in ambito penale, il quale possa utilizzare i mezzi più efficaci per difendere la vittima.
Non basta un litigio per essere accusati di maltrattamento famigliare!
I maltrattamenti all’interno delle mura domestiche, i cosiddetti maltrattamenti in famiglia, possono avvenire sia a livello di violenza fisica sia psicologica. La persona che subisce questo tipo di violenza deve fare i conti con conseguenze drammatiche a livello fisico, ma, soprattutto a livello psichico.
Giurisprudenza
È fondamentale chiarire che in giurisprudenza, e quindi per la Legge non basta un semplice litigio o un episodio violento per accusare un soggetto di maltrattamenti in famiglia poiché è necessario che:
- sussista una condotta abituale e ripetuta nel tempo;
- il soggetto attivo sottoponga il soggetto passivo (vittima) ad una serie di sofferenze al fine di provocare un disagio continuo e incompatibile con le condizioni di vita della persona offesa.
- Abbiano luogo atti di disprezzo e umiliazione che offendano la dignità della vittima;
- Deve sussistere una condizione di sopraffazione sistematica e continua da parte del maltrattante;
- Il reato provoca nella vittima conseguenze drammatiche come sofferenze sia fisiche che morali;
Nel 2013, la legge 119 ha stabilito che le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche hanno l’obbligo di fornire alla persona offesa tutte le informazioni che riguardano i centri antiviolenza presenti sul territorio, concentrandosi sull’area di residenza della vittima. Hanno, altresì, l’obbligo di mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza se lo richiede espressamente.
Sentenze: quando è davvero reato
Può succedere che un soggetto venga denunciato per maltrattamenti familiari quando, in realtà, si tratta solamente di un episodio violento che non si è protratto nel tempo e per cui le sentenze possono essere diverse.
Pensiamo, ad esempio, a due coniugi che hanno avuto una discussione sfociata in un litigio violento poiché uno dei due ha picchiato l’altro con schiaffi e pugni.
In questo caso ci si trova davanti ad un episodio violento sì ma isolato. Oppure pensiamo a due coniugi che litigano, si offendono e si umiliano reciprocamente e che, sempre reciprocamente, “se le suonino di santa ragione”.
Queste condotte non configureranno il reato in parola.
Nel primo caso avremo sì una condotta violenta ma visto che essa non è abituale il reato dovrà essere derubricato al massimo in una lesione posto che vi è stato un referto medico di una certa entità; nel secondo caso, invece, visto che le condotte sono reciproche, allora non si potrà parlare neanche di maltrattamenti posto che il reato in questione comporta lo stato di assoggettamento fisico e psicologico di un coniuge all’altro.
Al fine di far emergere tutto questo il soggetto che ha ricevuto denuncia dovrà rivolgersi ad un Difensore qualificato che dimostri la falsità delle accuse.
Per fare ciò la Difesa cercherà di attuare una derubricazione del reato dato che si tratta di un unico episodio di violenza, oppure cercherà di dimostrare che il reato non sussiste in quanto non vi è stato di assoggettamento.
Scopri di più anche sulla violenza sessuale, sul femminicidio e sullo stalking giudiziario.Bene se ti è piaciuto questo articolo sul reato dei maltrattamenti in famiglia, puoi approfondire l’argomento legato a questo ed ai reati sessuali o se lo desideri, potrai contattare il nostro Studio Legale Penale a Milano ed essere essere assistito dall’Avvocato Penalista Francesco D’Andria.