Assegno a garanzia appropriazione indebitaCos’è l’appropriazione indebita con assegno a garanzia? Al giorno d’oggi accade molto spesso che, alla stipula di un contratto, le parti si accordino nel rilasciare al creditore uno o più assegni, in genere postdatati, a garanzia dell’esatto adempimento dell’obbligazione pattuita. 

La conseguenza dell’assegno postdatato è che può essere incassato in qualsiasi momento dal creditore (ossia da colui che ne ha il possesso) e la banca è tenuta a pagarlo.

Risulta pacifico che l’accordo per il rilascio di un assegno postdatato, emesso a garanzia di un debito sia lecito.

La conseguenza che potrebbe derivare è una condotta da parte del creditore illegittima, dalla quale potrebbe configurarsi un reato quando il suo diritto non è ancora maturato.

In tal caso, il creditore che mette all’incasso l’assegno a garanzia commette reato di appropriazione indebita.

In Italia, il reato in questione è disciplinato dall’art.646 c.p., il quale prevede che: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro mille a euro tremila.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.”

Quando si parla quindi di appropriazione indebita e assegno a garanzia? Secondo una recentissima sentenza della Cassazione, chi incassa un assegno ricevuto in garanzia violando gli accordi e incassa la somma riscossa commette il reato di appropriazione indebita: “Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario ricevuto in garanzia, appropriandosi della somma riscossa, in violazione dell’accordo concluso con l’emittente” (Cass. pen. Sez. II, 24/11/2017, n. 12577).

La condizione che costituisce il presupposto della condotta penalmente rilevante è la presenza di accordi che dimostrino gli accordi presi tra creditore e debitore, laddove non fosse così non è ammissibile configurare il reato di appropriazione.

Secondo la Cassazione, nessun reato si può configurare se, invece, il creditore usa i titoli quale prova scritta del proprio credito ed agisce in tribunale per richiedere un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore. Il fatto di non aver restituito gli assegni, per procurarsi la prova del proprio credito, non costituisce alcun illecito, né di carattere penale, né di carattere civile (Cass. Pen. Sez. VI, 10.10.2006 n. 757 e Cass. pen. sez. II, 15.01.2014 n. 5643).

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