L’appropriazione indebita. Disciplinata dall’articolo 646 del codice penale, l’appropriazione indebita rientra tra i cosiddetti delitti contro il patrimonio e si configura quando un soggetto – allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto – si appropria del denaro o di un bene altrui di cui abbia il possesso a qualsiasi titolo. Cosa la distingue dal furto? “Il furto si viene a costituire quando il derubante sottrae il possesso della cosa al legittimo possessore – semplifica l’avvocato penalista Francesco D’Andria – L’appropriazione indebita, invece, si verifica quando il soggetto agente è già in possesso della cosa e se ne appropria per la sua utilità”. Un esempio può essere il direttore di una filiale bancaria che si appropria del denaro di cui il suo istituto è custode.
In definitiva, per appropriarsi indebitamente di qualcosa, il soggetto in questione deve averne possesso a qualsiasi titolo giuridico. A quel punto, il reato rientra tra quelli perseguibili a querela di parte previsti dal codice penale. Quando l’appropriazione diventa aggravata? Nel diritto, il termine “aggravato” viene accostato a un reato che sia stato commesso con modalità o in circostanze che lo rendono più grave. “Nel caso specifico, l’articolo 646 specifica che se il fatto viene commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario la pena è aumentata – specifica D’Andria – In questo caso e qualora ricorrano alcune aggravanti, specificate dal punto numero 11 dell’articolo 61 del codice penale (abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione o di ospitalità), non si procede più su querela di parte, ma d’ufficio”.