Può esistere la corruzione tra privati?
Tipico esempio della corruzione tra privati si ha quando un dirigente preposto alla redazione di documenti contabili societari riceve un’ingente somma di denaro per alterare le anzidette scritture.
Il reato di corruzione tra privati è disciplinato dall’art. 2635 c.c. e si configura quando gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione di documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altre utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà. In tal caso la pena prevista è la reclusione da uno a tre anni.
Bada che:
- la reclusione da uno a tre anni è prevista anche se il fatto è realizzato da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al comma 1;
- la reclusione fino a un anno e sei mesi è prevista se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui al comma 1;
- la pena prevista è quella di cui ai commi 1 e 2 in caso di offerta, promessa o dazione di denaro o altre utilità non dovuti alle persone di cui ai commi predetti, anche per interposta persona;
- le pene così previste sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione Europea o diffusi tra in pubblico in misura rilevante.
L’art. 2635 ter c.c. disciplina le pene accessorie: infatti, la condanna riportata ai sensi dell’art. 2635 comma 1 c.c. comporta l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di chi sia già stato condannato per lo stesso reato o per quello di cui all’art. 2635 bis comma 2 c.c.
Ancora, l’art. 2639 c.c. prevede, in relazione ai reati di corruzione tra privati ed istigazione alla corruzione tra privato, l’estensione delle qualifiche soggettive. Infatti, ai soggetti investiti della qualifica o della funzione previste dalla legge civile sono equiparati sia coloro i quali svolgono la stessa funzione, altrimenti denominata, sia chi esercita in maniera continuativa e significativa i poteri relativi a quella qualifica o funzione.
Invece, ad eccezione dei casi in cui si tratti di delitti dei pubblici ufficiali contro la PA, le disposizioni sanzionatorie relative agli amministratori ai applicano anche a coloro i quali siano legalmente incaricati dall’autorità giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi.
Corruzione tra privati e 231: cosa dicono i decreti
Dopo la L.190/2012 (Legge Severino), le modifiche più rilevanti sono state apportate dal d.lgs. 38/2017, che è intervenuto sul reato di corruzione tra privati, ha inserito il nuovo delitto di istigazione alla corruzione tra privati, nonché ha introdotto la sanzione accessoria dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per le due fattispecie.
Il medesimo decreto ha modificato anche l’art. 25 ter del d.lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti, con riferimento ai reati societari.
In particolare, tale norma, al comma s-bis), prevede che per il delitto di corruzione tra privati, di cui all’art. 2653 comma 3 c.c., venga irrogata la sanzione pecuniaria da 400 a 600 quote, mentre nel caso di istigazione alla corruzione tra privati di cui all’art. 2635 bis comma 1 c.c. la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote.
Ai reati anzidetti, sempre ai sensi dell’art. 25 ter comma s-bis) dlgs. 231/2001, si applicano anche le sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 del medesimo decreto, quali:
- l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
- la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
- il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
- l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
- il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Istigazione alla corruzione tra privati: cos’è e come si manifesta?
L’istigazione alla corruzione tra privati è una speciale ipotesi di tentativo, inserita con il d.lgs. 38/2017, in attuazione di una decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea: tale fattispecie risulta integrata in seguito alla mancata accettazione dell’offerta o della promessa.
Ai sensi dell’art. 2635 bis c.p. è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’art. 2635 c.p. ridotta di un terzo, quando l’offerta o la promessa non sia accettata, chiunque offre o promette denaro o altre utilità non dovuti agli amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione di documenti contabili societari, sindaci e liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa che comporti l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.
La stessa pena si applica, qualora la sollecitazione non sia accettata, agli stessi soggetti di cui al comma 1 che sollecitano per sé o per altri ed anche per interposta persona una promessa o dazione di denaro o di altra utilità per compiere od omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà.
Il terzo comma della norma in esame è stato abrogato con la L. 3/2019 (Legge Spazzacorrotti), che ha eliminato la procedibilità a querela del reato di istigazione alla corruzione tra privati e stabilito la procedibilità d’ufficio.
Un caso di istigazione alla corruzione tra privati, che ha anche coinvolto una società ai sensi del D.lgs. 231/2001, riguarda un’imprenditrice immobiliare interessata a comprare alcuni palazzi in via di dismissione. Per soddisfare il proprio interesse, tentava di corrompere il responsabile della divisione immobiliare della banca, offrendogli una cospicua somma di denaro, peraltro nascosta in una confezione di vino regalata al predetto. La donna veniva querelata ma, essendo titolare di una società immobiliare, la stessa società veniva sottoposta a procedimento penale ex art. 25 ter D.lgs. 231/2001.
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