Il D.P.R. 16-5-1960 n. 570 all’ art. 86 recita “Chiunque, per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale o l’astensione, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori, o, per accordo con essi, ad altre persone, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000 , anche quando l’utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data all’elettore per spese di viaggio o di soggiorno o di pagamento di cibi e bevande o rimunerazione sotto pretesto di spese o servizi elettorali. La stessa pena si applica all’elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità.”
Corruzione elettorale nel codice penale: un reato
Corruzione elettorale nel codice penale? Si tratta quindi di un reato? Dalla lettura del sopracitato dispositivo si rileva che con il termine di corruzione elettorale viene indicato il reato comune nel quale non è necessaria la presenza attiva di un pubblico ufficiale ma il soggetto che pone in essere la condotta corruttiva attiva può essere “chiunque” e non è così necessario che la condotta sia posta in essere dal soggetto politico candidato alla competizione elettorale. Non è quindi un reato a concorso necessario e, quindi, per la sua configurabilità è sufficiente la sola promessa di utilità da parte del corruttore, la quale si atteggia come promessa del fatto del terzo e, conseguentemente, impegna solo chi la effettua.
Si parlerebbe così, di corruzione elettorale nel caso in cui ci ritrovassimo di fronte il caso di un elettore che, per dare o negare il voto, accetta offerte, promesse o ha ricevuto denaro.
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