LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI INFEDELE

Tra i reati tributari vi è la DICHIARAZIONE INFEDELE.

Cosa significa? E quando si applica all’imprenditore questa figura di reato?

Vediamolo insieme in questo articolo.

La fattispecie del reato

Il reato di DICHIARAZIONE INFEDELE è il più lieve dei reati tributari in quanto la pena della reclusione va da uno a tre anni.

La fattispecie si realizza quando la condotta dell’imprenditore/contribuente consiste in una DICHIARAZIONE DEI REDDITI che, pur non poggiando su un impianto fraudolento (cioè su dichiarazioni false), si dimostra essere non veritiera.

 

Cosa significa? Chiariamolo con un esempio

Spesso capita che un imprenditore, nel corso dell’anno d’esercizio, realizzi molti lavori; di conseguenza i ricavi sono maggiori.

A tali RICAVI, però, non corrispondono molti COSTI.

Quindi la bilancia penderà molto sui ricavi e poco sui costi; in altre parole, l’utile netto – costituito dai RICAVI meno i COSTI – sarà considerevole. Proprio qui verrà applicata l’aliquota per l’imposizione fiscale.

E allora alcuni cosa fanno? (LA CONDOTTA ILLECITA)

Nella DICHIARAZIONE DEI REDDITI l’imprenditore/contribuente carica COSTI per valore X per equiparare i costi ai ricavi, al fine di abbattere l’Imponibile e conseguire un risparmio fiscale.

I costi che sono stati caricati in dichiarazione però non sono reali nel senso che l’azienda non li ha sostenuti davvero.

Dunque sono privi di “pezza d’appoggio” o “pezza dimostrativa”.

Attenzione però: se vi fossero fatture false il reato sarà invece quello di false fatturazioni per operazioni inesistente e andremmo in un’ipotesi ben più grave!

Domanda: basta questo a configurare il reato di DICHIARAZIONE DEI REDDITI INFEDELE?

CERTO CHE NO.

Il nostro legislatore ha previsto infatti delle soglie di punibilità.

Si configura questo reato quando:

  • l’imposta evasa è superiore a 150mila euro(prima era di 50.000 euro);
  • i redditi non dichiaratisuperano il 10% del totale o comunque i 3 milioni di euro (prima era 2 milioni).

Cosa succede se il costo è stato realmente sostenuto dall’imprenditore, ma quel costo non è realmente inerente all’attività d’impresa?

Esempio: Cosa succede se l’imprenditore carica in contabilità (quindi nei costi) l’anello tempestato di diamanti che ha regalato alla moglie o il viaggio a Cortina d’Ampezzo trascorso con l’amante?

Ovviamente queste “voci di spesa” non faranno parte delle spese di rappresentanza dell’impresa in quanto vi è una violazione del principio di inerenza, ossia vi è un’evidente incongruenza tra l’attività aziendale e la spesa compiuta.

Se l’imprenditore produce cioccolata di nocciole, questi macinerà nocciole, non diamanti!

Se l’imprenditore fabbrica Yacht di lusso non gli serve recarsi a Cortina per provare la barca sulla pista da sci.

Ergo, il diamante alla moglie e il viaggio a Cortina con l’amante non andrebbero messe in contabilità: tutto questo potrà portare a un rimprovero da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Ma ATTENZIONE quest’operazione costituisce un illecito penale? Ovvero tale condotta può incasellarsi nella dichiarazione dei redditi infedele?

La risposta è no, per apposita statuizione della stessa legge sui reati tributari (art. 4 comma 1 bis D.Lgs 24 Settembre 2015 n. 158).

Dunque, se i costi sono effettivi ma NON sono inerenti all’attività, ciò non costituirà illecito penale, ma solo un illecito amministrativo.

Quindi occorre porre attenzione alle contestazioni che vengono fatte e alle soglie di punibilità.

Il consiglio, comunque, è rivolgerti ad un Avvocato che si occupa di diritto penale tributario.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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