Esiste uno stile per piacere ai Giudici?

E i Giudici giudicano solamente i fatti oppure valutano anche lo stile della persona? In questo articolo voglio spiegarti, con dati di fatto, qual è lo stile da assumere in Tribunale al fine di evitare errori, appunto, di stile. Perché, nelle aule di Tribunale come nella vita, non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione.

Ma, veniamo a noi: “qual è l’imputato che piace ai Giudici?” È ovvio e banale asserire che un giudice decide valutando le prove che si pongono alla sua attenzione. Ma un Giudice è un uomo come tutti gli altri e quindi decide anche sulla base delle “apparenze”. In una parola, attraverso un “colpo d’occhio” all’imputato. In pratica, se tu che mi stai guardando sei l’imputato, il Giudice valuterà una cosa che facciamo tutti: “come sei vestito”, “come parli”, il tuo “linguaggio non verbale” (atteggiamento del corpo), ecc. Il processo penale è anche e soprattutto psicologia. Infatti, la psicologia sociale ci insegna che giudichiamo con benevolenza chi è uguale a noi e giudichiamo con malevolenza chi è diverso da noi.

Negli anni 70’ un gruppo di ricercatori realizzarono un esperimento in un campus universitario in cui gli studenti si dividevano in hippie e persone “giacca e cravatta”. L’esperimento consisteva nel chiedere agli studenti di passaggio una moneta per fare una telefonata. Attenzione però: alcune volte i ricercatori si vestivano da hippie e altre volte da persone in “giacca e cravatta”. E qui viene fuori il dato STRAORDINARIO : quando lo sperimentatore e lo studente erano vestiti allo stesso modo, la richiesta della moneta veniva accolta nei due terzi dei casi; ma se l’abbigliamento non collimava, il più delle volte, la moneta era negata. Insomma, l’esperimento dimostra che si tende più facilmente a “CREDERE” e ad “aiutare” persone che sono più simili a noi. Dunque, perché ti ho fatto quest’esempio? Per dirti soltanto che più ti avvicinerai allo stile del Giudice e più sarai guardato con benevolenza da lui. Fandonie? Sciocchezze? Concetti stravaganti?

No, PURA REALTA’. E ho le prove.

Voglio citarti due “Casi Giudiziari” che prepotentemente sono balzati agli onori delle cronache. Uno è il caso Corona; l’altro quello di Amanda Knox. Corona, accusato di estorsione ai danni di numerosi vip, innanzi al Tribunale di Milano, si presentò con capelli rasati a zero, camicia aperta su un vistoso tatuaggio sul petto, aria truce, sguardo di sfida.

Diversamente, invece, Amanda Knox, accusata di concorso in omicidio, ha voluto “spogliarsi” degli abiti posticci che le erano stati appiccicati addosso dalla stampa che la dipingeva come una ragazza diabolica, una femme fatale, presentandosi a processo senza trucco e con un semplice abito bianco (il colore della purezza e del candore) Bene: nel primo caso Corona si è allontanato dai Giudici dando l’impressione di un “uappo”, un bullo, un bad boys; nel secondo la Knox si è avvicinata ai giudici rappresentando il ruolo di una ragazza semplice, quasi una donna angelica. Per la cronaca, Corona è stato condannato, la Knox è stata assolta. Certamente l’assoluzione non è stata solo una questione di stile, ma anche una questione di stile.

Clarence Darrow ha detto: “Il compito più importante per un avvocato? Rendere il Giudice uguale al suo cliente”.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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