Caro lettore,

l’esame del DNA è considerata una prova molto importante, probabilmente perché il margine di errore è considerato molto basso; ma siamo veramente sicuri che è una prova così decisiva?

Con quest’articolo voglio spiegarti: le ultime novità, l’utilizzo di questa prova nel processo, e soprattutto i dubbi che stanno sorgendo sulla fondatezza dell’esame del DNA.

 

Un’occhiata al codice

Innanzitutto sappi che c’è stata una novità nel 2009: è stato introdotto nel codice di procedura penale l’art. 224 bis cpp. Questo articolo stabilisce i provvedimenti che deve attuare il giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale.

 

In sostanza che cosa prevede questo nuovo articolo?

• se è assolutamente indispensabile il giudice può obbligare, attraverso un’ordinanza motivata, l’imputato a sottoporsi al prelievo di capelli, peli  e mucosa per determinare il profilo del DNA;

•l’ordinanza in questione, per essere valida, deve contenere determinati elementi (come l’indicazione del reato per cui si procede);

•deve essere garantito il rispetto della dignità e del pudore della persona in oggetto;

•nel caso in cui la persona sottoposta al prelievo del DNA non è assistita dal difensore nominato, questi atti idonei ad incidere sulla libertà personale non hanno alcuna validità (è come se non fossero mai esistiti!).

Questa è la disciplina specifica sul prelievo del DNA che possiamo leggere nel codice di procedura penale.

 

Ma nella pratica che cosa succede?

Credo che il miglior modo per spiegarti la realtà dei fatti sia raccontarti un caso che ho recentemente affrontato.

Nonostante il caso sia molto complesso, nelle prossime righe focalizzerò l’attenzione principalmente sul modo in cui vengono analizzate le prove riguardanti il DNA di colui che, solo in un secondo momento, diverrà il mio assistito.

 

IL CASO: una sola prova per accusa e difesa

Nel esempio che voglio raccontarti il protagonista è il signor XY accusato di aver sessualmente abusato della signora XX.

 

Le uniche prove che accusa e difesa potevano esaminare erano tracce organiche trovate sugli indumenti di XX.

L’accusa decideva di prendere queste tracce organiche per farle analizzare. La traccia utilizzabile per l’analisi del DNA veniva divisa in due parti uguali; solo una di queste due veniva posta all’ esame del consulente dell’accusa che analizzando la prova la rendeva inutilizzabile.

Come mai dopo aver analizzato la prova, questa non si poteva più utilizzare?

In poche parole, per poter esaminare questa traccia ed estrarne il DNA, si utilizzava uno strumento che, letteralmente, aspirava parte della traccia.

Dai risultati di quest’esame, l’accusa affermava la compatibilità del DNA della traccia analizzata dal suo consulente, con il DNA di XY.

Dunque ricapitolando: l’accusa aveva analizzato la traccia; alla difesa ancora non era stata data la possibilità di farlo. In effetti parte della traccia era ancora integra, e dunque utilizzabile dal difensore d’ufficio.

Tuttavia quest’ultimo pareva essere piuttosto indifferente e non interessato all’ analisi del caso in questione.

Di conseguenza l’accusa non ancora certa, di una prova che doveva essere intrensicamente certa, disponeva una valutazione sull’ultima parte di traccia organica rimanente, avvalendosi della collaborazione del medesimo specialista; il risultato era lo stesso: il DNA di XY corrispondeva a quello trovato sugli indumenti di XX.

Subentrato come difensore di fiducia chiedevo di poter valutare, avvalendomi di un esperto di fiducia, gli esami effettuati dal consulente dell’accusa. D’altronde anche l’ultima traccia rimanente era stata consumata dal loro consulente per analizzarla, ed era dunque inutilizzabile.

In poche parole,l’unica strategia che potevo attuare era chiedere al giudice di poter valutare il lavoro svolto dal consulente dell’accusa.

Il giudice rigettava la mia richiesta.

Il Tribunale, a mio modo di vedere le cose, limitava ingiustamente il diritto di difesa del mio assistito.

 

La parola agli esperti: giuristi e genetisti

Che cosa dicono gli operatori del diritto sulla prova del DNA?

Devi sapere che il mondo del diritto è piuttosto ‘’spaccato’’ tra coloro che credono ciecamente nella fondatezza di questa prova e coloro che invece hanno dei forti dubbi.

Il problema principale è che in un processo penale, accade spesso che le competenze giuridiche si incontrino con quelle scientifiche: il giudice da una parte e il perito dall’altra.

Ebbene, il giudice non può valutare il lavoro svolto dal perito, dallo specialista, dallo scienziato perché non è competente e di conseguenza accetta ciò che gli viene detto. Tuttavia, così facendo, l’esito del processo potrebbe finire nelle mani di un perito, provocando una chiara violazione dei principi del diritto penale e dunque dei pilastri che compongono il diritto di difesa.

 

Una nota positiva

Da qualche tempo a questa parte sia i giuristi che i genetisti stanno ammettendo i limiti che caratterizzano inevitabilmente la prova del DNA.

Lo so che probabilmente sarai dubbioso nel leggere quest’affermazione. Eppure devi sapere che spesso e volentieri siamo influenzati dai mass media che sacralizzano questa prova come se questa fosse di per sé sufficiente a dimostrare, in modo incontestabile, l’innocenza o di colpevolezza.

In realtà, per quanto sia una prova importante, l’analisi del DNA è pur sempre effettuata dall’ uomo che, per natura, può fallire e commettere degli errori.

Vorrei concludere dicendoti che l’assunzione delle prove si deve basare sul principio del contraddittorio, e cioè armi pari per accusa e difesa perché solo così facendo possono risaltare eventuali dubbi su una prova scientifica.

Ecco che, con l’evoluzione della genetica forense, la prova del DNA non risulta più una cd prova regina indiscussa ma un elemento che, nonostante la sua validità, debba essere considerato con cautela.

D’altronde come già nel 1972 scriveva il giurista V. Denti: ‘’I metodi scientifici non possono offrire nuove categorie di prove, ma possono servire ad una migliore ricerca della verità’’.

 

 

Fonte:

http://www.archiviopenale.it/apw/wp-content/uploads/2013/06/LA_PROVA_DEL_DNA_E_IL_RUOLO_DEGLI_ESPERTI_NEL_PROCESSO_PENALE.pdf

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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