Devi sapere che ci sono tante accuse che sono strampalate, destituite di ogni fondamento, fatte in maniera strumentale eppure arrivano nelle aule di giustizia. Un vecchio proverbio napoletano dice: AJE VOGLIA ‘E METTERE RUMMA: ‘NU STRUNZ NUN ADDIVENTA MAJE BABBÀ “. Che tradotto sarebbe: è inutile che metti rum, uno stronzo non diventerà mai babà.
Ebbene, con questa convinzione occorrerà difendersi, ma bisognerà darsi da fare perché come dice un altro adagio Aiutati che Dio ti aiuta. Quindi devi mettere in piedi una Difesa intelligente ed efficace.
E allora, tornando al nostro tema, quando l’accusa non è credibile? Quando il babà non è un babà?
Un’accusa non è credibile quando la persona offesa riferisce una storia illogica e al di fuori della comune esperienza. Insomma una storia che vede in sé delle contraddizioni logiche.
Facciamo un esempio. In un processo per maltrattamenti in famiglia la presunta persona offesa lamentava di essere stata sistematicamente picchiata dal marito il quale, secondo la sua versione, in diverse occasioni, le avrebbe: spaccato il labbro, tumefatto l’occhio, buttata giù dalle scale, tirata un’anta sulla testa, punzecchiata la penna con le mani.
Come facciamo a smentirla? Come facciamo a smentire accuse così pesanti? Specie quando queste vengono riferire da una donna che piange in un’aula di giustizia? Come facciamo a dimostrare al Giudice che quella persona che piange sta mentendo?
Lo facciamo dimostrando le contraddizioni di quell’accusa, contraddizioni sotto il profilo logico e probatorio. Nel caso appena citato: è logico che una persona venga percossa così barbaramente e non sia mai andata al Pronto soccorso a farsi refertare? O in farmacia a comprare dei farmaci? O dal medico di base? Oppure abbia chiesto un aiuto ad uno psicologo? Infatti, nel caso di specie, vi era un vuoto probatorio: non vi erano certificati medici, non vi era prova dell’accesso al pronto soccorso, o l’acquisto di farmaci.
Passiamo ad un altro elemento illogico. Nell’epoca dei selfie, dove si fotografano anche i piatti al ristorante, oppure gli incidenti sull’autostrada, è possibile che una persona non faccia un’autoscatto dopo essere stata percossa? Infatti non vi era nessuna foto. Oppure, è logico o illogico che la persona offesa non racconti le proprie vicissitudini ad amici o parenti? Infatti non vi erano prove di persone che negli anni di matrimonio avevano ricevuto confidenze di episodi maltrattanti. Strano vero? In questo modo andremo ad inficiare la credibilità del teste sotto il profilo intrinseco.
Ma la domanda che il Giudice si farà è la seguente: perché la persona offesa decide di calunniare e di dire il falso in un’aula di giustizia? Sarà questo l’ostacolo da superare. Ed è per questo che il Giudice, anche inconsapevolmente, cade in una trappola cognitiva secondo cui se una persona presenta una denuncia, la Pubblica Accusa decide di chiedere il rinvio di giudizio, il GUP rinvia a giudizio, la persona offesa dice nell’aula di giustizia di essere stata percossa, allora qualcosa di vero ci sarà e anche se le prove non collimano alla perfezione se non è zuppa è pan bagnato e quindi è bene arrivare ad un verdetto di colpevolezza.
Come facciamo a superare questo ostacolo e a far uscire il Giudice da questa trappola cognitiva? Ebbene potremmo farlo delineando, attraverso il controesame della persona offesa e i nostri testimoni, il movente della falsa accusa, ovvero spiegando il Perché la persona offesa ha presentato quell’accusa strumentale. In tutti i casi di maltrattamenti ci sono sempre delle ragioni strumentali: soldi, casa, vendetta. Il compito del Difensore è quello di accendere un cono di luce su quelle verità nascoste ed indicarle al Giudice.
Ebbene, con tutti questi vuoti logici e probatori, e soprattutto con questa verità alternativa nu strunz può diventare babà?