LA PROVA DEL DNA

Oggi la prova del DNA si sta dimostrando sempre più determinate per provare la colpevolezza dell’imputato.

Ma è sempre essenziale ed infallibile? E può essere “smontata” nell’aula di giustizia?

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Ti dico a muso duro che la prova del DNA è una regina senza potere.

Nel regno del processo sembra che sia lei a governare, ma da sola non sarà mai in grado di farlo.

Le servono cavalieri e sudditi, cioè gravi indizi per provare la colpevolezza dell’accusato .

Facciamo un esempio.

Oggi parliamo dell’omicidio della povera Yara Gambirasio.

Per la prima volta si è partiti dalla prova del DNA per arrivare a costruire un’ipotesi accusatoria. Dopo di che si è indagato per confermare la prova scientifica.

Ricordi il caso? È stato trovato una piccola macchia sullo slip di Yara. Una traccia invisibile ad occhio nudo.

Dopo un’estenuante attività di indagine si è scoperto che quella traccia genetica corrispondeva con il profilo genetico di Daniele Bosetti.

Unitamente però alla prova scientifica, gli investigatori hanno trovato, a carico di Bosetti, altri indizi: le celle telefoniche che hanno agganciato il suo telefonino il giorno del delitto, la calce trovata sul cadavere, ecc.

Insomma, gli altri indizi corroboravano l’indizio di partenza.

Ma attenzione, in questo caso la prova del DNA, aveva un peso enorme. Perché?

Perché Bossetti ha sempre detto di non aver mai avuto nessun rapporto con la ragazzina.

Ma sovvertiamo la vicenda.

Poniamo che Bosetti avesse  confessato di aver avuto contatti con Yara.

Questo avrebbe fatto di lui un adescatore, ma non un assassino. E dunque la prova del DNA sarebbe stato un dato indiziario che non avrebbe pesato come piombo sulla bilancia.

Ecco perché occorre contestualizzare la prova del DNA.

Insomma, la prova scientifica può essere ininfluente se contestualizzata.

Pensiamo al caso dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, più conosciuto come il delitto di via Poma.

Ricorderai che il processo venne riaperto perché una traccia di materiale biologico appartenente al fidanzato di lei, Luca Brusco, fu trovata sul suo corpetto.

Ma dopo quasi 24 anni Brusco viene assolto perché la traccia che portava la sua impronta genetica racconta soltanto un rapporto intimo tra di loro. Nulla di più.

Ecco perché l’avvocato difensore deve porre l’attenzione del Giudice su un punto: la prova del DNA deve essere sempre intesa come un atto logico e non come atto di fede.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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