Il codice penale punisce duramente, con la reclusione non inferiore a sei anni, chi abusa sessualmente di un

minore di anni quattordici. La pena diventa ancor più severa se il minore ha meno di dieci anni e/o ricorrono

aggravanti.

I processi per l’accertamento di episodi di abuso sono, nella maggior parte dei casi, di carattere prevalentemente

indiziario, non disponendosi di prove dirette, e nel quadro degli indizi, costituiti da dichiarazioni e perizie di

specialisti, il più importante è solitamente la testimonianza del minore vittima. Ecco allora l’importanza di valutare

con estrema attenzione e competenza le parole di quest’ultimo.
Gli studiosi mettono in luce i processi attraverso i quali possono formarsi nella mente umana, soprattutto in quella dei minori, falsi ricordi. Diverse ricerche hanno evidenziato come sia possibile soffrire per fatti mai accaduti e, al contrario, non soffrire per traumi realmente subiti ma completamente rimossi.
La creazione di falsi ricordi può avvenire per cause organiche: malattie, traumi, lesioni cerebrali, disfunzioni neurologiche, o per cause psicologiche: influenza di persone care o autorevoli o suggestione. Da una parte tutti noi, ma in modo particolare i minori, siamo sensibili ai racconti e alle interpretazioni dei fatti che ci vengono insistentemente ripetuti dalle persone per le quali nutriamo stima o fiducia. Dall’altra, in tenera età la capacità di ricordare e soprattutto di rielaborare e riferire le proprie esperienze non sono sviluppate come in età adulta. L’immaturità neurologica del bambino rende il suo funzionamento mnestico inferiore a quello dell’adulto, pertanto i ricordi dei bambini tendono a deteriorarsi più rapidamente e ad essere facilmente contaminati sia da fantasie interne sia da interventi esterni. Ancora, nel minore non è pienamente sviluppata la capacità di distinguere la

realtà dalla fantasia e quella di riconoscere e valutare le fonti d’informazione.
Tali caratteristiche rendono i minori particolarmente influenzabili, o meglio, con le parole degli esperti, suggestionabili, laddove per “suggestionabilità” si intende la suscettibilità dei processi di codifica, immagazzinamento, recupero e racconto ad essere influenzati da una serie di fattori interni ed esterni. (Ceci e Brunk, 1995).
Un’intervista “suggestiva”, ossia contenente domande inducenti o guidate, suggerimenti (anche impliciti) o pressioni (come la ripetizione della stessa domanda nella stessa intervista), può essere dunque molto pericolosa, soprattutto nei confronti di un minore, potendo portare a risposte non veritiere, alla distorsione dei ricordi, alla reinterpretazione di eventi falsi e confusi, alla creazione di informazioni nuove e tali da dare luogo a veri e propri “falsi positivi”, vale a dire ad episodi di abuso in realtà mai avvenuti.
Non solo nei confronti dei minori, infatti, il codice di procedura penale vieta, all’articolo 499, nel dettare le regole per l’esame testimoniale, le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte e le domande che tendono a suggerire le risposte. Sebbene anche gli adulti siano suggestionabili, diversi studi (Rudy e Goodman, 1991; Loftus,1995; Gulotta ed Ercolin, 2001) hanno dimostrato che i bambini corrono un rischio più elevato di subire suggestioni e condizionamenti.
La Corte di Cassazione ha infatti affermato che “è sperimentalmente dimostrato che un bambino, quando è incoraggiato e sollecitato a raccontare, da parte di persone che hanno una influenza su di lui (e ogni adulto è per un bambino un soggetto autorevole) tenda a fornire la risposta compiacente che l’interrogante si attende e che dipende, in buona parte, dalla formulazione della domanda.” (Cass. Pen., sent. n. 9817/2007)
In conclusione, la testimonianza di un minore che riferisce di essere stato abusato va valutata tenendo sempre in debito conto i fattori che potrebbero averla prodotta, influenzata o distorta.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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