Condanna per bancarotta fraudolenta: quali conseguenze? In Italia, i reati di bancarotta sono collocati all’interno dei reati fallimentari e sono disciplinati dalla Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267).
Il reato di bancarotta fraudolenta è previsto dagli artt. 216 e 223, L. Fall.
L’art. 216 punisce con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
– ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
– ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
1. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
2. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
3. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Gli elementi costitutivi del reato sono i seguenti:
- Il soggetto attivo: l’imprenditore commerciale soggetto a fallimento.
- L’oggetto materiale del reato: beni dell’imprenditore fallito.
Bancarotta fraudolenta per occultamento e distrazione
Le condotte che corrispondono all’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono:
- la distrazione: Il termine “distrazione” rimanda al significato di “sviare” e “indirizzare altrove”. La Giurisprudenza attribuisce alla distrazione il significato di “distoglimento di attività alla loro naturale funzione di garanzia dei creditori della società in decozione”. (Cass. Pen., Sez 5, n. 37920/2010).
- l’occultamento: comprende tutte le azioni che hanno l’obiettivo di nascondere un bene in senso fisico. Il semplice silenzio, però, non integra la condotta di occultamento.
“L’occultamento consiste in ogni manovra dell’imprenditore diretta a far credere non esistenti, in tutto o in parte, i suoi beni, che invece esistono, ossia ogni manovra diretta a separare in tutto o in parte tali beni impedendo di conoscere dove siano” (Cass. pen. Sez. V, 10/07/2017, n. 48203).
- la dissimulazione: consiste nell’occultamento attraverso strumenti giuridici che impediscono di risalire alla reale disponibilità del bene.
“La dissimulazione consiste in qualsiasi forma di inganno diretta ad occultare la conoscenza di uno stato esistente, che si verifica normalmente sotto forma di negozi giuridici solo apparenti, mediante i quali si celano negozi reali compiuti in frode ai creditori, ovvero ben architettate operazioni dannose rivestite dell’abito apparente della legalità: integra, dunque, la fattispecie di dissimulazione nella bancarotta fraudolenta l’attività diretta a diminuire fittiziamente il patrimonio del fallito, mentre non è necessario che sia realmente conseguito il risultato al quale tende detta attività, bastando semplicemente la condotta volta alla dissimulazione.” (Cass. pen. Sez. V, 10/07/2017, n. 48203).
- la distruzione: si configura nell’annientamento materiale del bene o a seguito di omissione.
- la dissipazione: si intende la dispersione di denaro e/o beni per un uso personale.
“La fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quella di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, sotto il profilo oggettivo, per l’incoerenza, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, per la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei alla medesima” (Cass. pen. Sez. feriale, 22/08/2017, n. 41796).
L’art. 223 della Legge Fallimentare, invece, disciplina i fatti di bancarotta fraudolenta:
“1. Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
2. Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:
– hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
– hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.
3. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.”
Le diverse fattispecie di bancarotta, quindi, hanno un trattamento sanzionatorio differente. Infatti, per quanto riguarda il reato di bancarotta fraudolenta e impropria fraudolenta (artt. 216 e 223 l. fall.) viene punito con la reclusione da tre a dieci anni; la bancarotta preferenziale (art. 216 co. 3 l. fall.) è punita con la reclusione da uno a cinque anni.
La prima ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria è contenuta all’interno dell’art. 223, co. 2, n. 1, L. Fall., secondo il quale si applica la pena prevista dall’art. 216, co. 1, L. Fall., se abbiano cagionato o concorso a cagionare il dissesto della società commettendo alcuni dei fatti previsti dagli artt. 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 c.c.
La seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria è disciplinata dall’art. 223, co. 2, n. 2, L. Fall., ai sensi del quale vengono puniti con la pena della reclusione da tre a dieci anni, gli amministratori e gli altri soggetti menzionati che abbiano cagionato con dolo, o per effetto di operazioni dolose, il fallimento della società.
Molte volte, può capitare che l’imprenditore attui tutte le condotte appena descritte: in tal caso, si può parlare di bancarotta fraudolenta aggravata.
L’art. 219 L. Fall. disciplina le circostanze aggravanti ed attenuanti della bancarotta fraudolenta:
“Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.
Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:
1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;
2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale.
Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo”.
Si è ritenuta sussistere l’aggravante del danno di rilevante entità nel caso in cui commercialista ed avvocato, consulenti di un’azienda in difficoltà, abbiano contribuito a determinare la bancarotta fraudolenta della stessa, spogliandola di liquidità attraverso la costituzione di società che hanno rastrellato beni e attività dell’azienda in fallimento destinati ai creditori (Cass. Pen., sez. V, sentenza 9 gennaio 2012, n. 121).
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