Francesco D’Andria: “La verità? Solo un punto di vista”

False accuse di reati sessuali. Verità apparenti. Condanne ingiuste. Il processo penale raccontato dalla trincea del tribunale di Milano. Francesco D’Andria mi accoglie nella sua stanza con una stretta di mano decisa e un sorriso misurato.

Non ci sono squali nell’acquario dello studio come in un libro di John Grisham, né tantomeno nuvole di zolfo o lingue di fuoco che spuntano dal pavimento.

Sono nella stanza di un avvocato penalista.
La cosa mi mette un filo di tensione e un qualche brivido. In fondo quelle mura hanno udito segreti inconfessabili, storie torbide e malsane.

Tra le carte dei faldoni si nascondono verità scomode, vite spezzate, segregazioni, ingiustizie.

Siamo ormai nel pomeriggio inoltrato. La luce dello studio è soffusa, l’atmosfera è ovattata, mentre si sentono, provenienti dall’altra stanza, le ultime telefonate della giornata con il contrappunto del macinare di qualche fax dell’ultima ora. Decido di andare subito giù pesante, quasi a mettere in chiaro la mia superiorità morale.  D. Avvocato, che si prova a difendere stupratori, pedofili, trafficanti di droga?

In effetti il mio interlocutore capisce a che gioco voglio giocare e, come in una partita di tennis, ributta la palla dall’altra parte con uno destro fulminante.
“Lei è male informata. Io non difendo stupratori, pedofili e trafficanti di droga. Io difendo persone. Non colpevoli. Difendo persone accusate di questi reati. Parlare di colpevoli prima che ci sia una sentenza è come dare della puttana ad una ragazza che mette la minigonna. In poche parole: un ragionamento primitivo ed incivile.

D. (ironica) Ma scusi, mi sento di impersonare l’italiano medio…

Infatti, ci sta riuscendo benissimo.

D. Ecco, appunto, allora Le chiedo se una persona viene da Lei e Le dice che è colpevole Lei lo difende?

Una persona che viene da me non mi racconta se è innocente o colpevole. Mi racconta i fatti e la sua verità. E io ho il compito di far prevalere, in base alle regoli processuali, la sua verità.

D. E se la verità fosse della vittima del reato?

La verità non esiste, è solo un punto di vista.

D. Sta scherzando?

Mai stato così serio. Mi ascolti. Caso realmente accaduto ad un mio assistito. Una signora dice di essere stata violentata dal suo ex fidanzato. Nessun referto medico attestante segni di colluttazione comprovante che la ragazza si sia opposta alla violenza. Nessuna visita ginecologica. Una denuncia presentata dopo mesi rispetto alla presunta commissione del fatto. Nessuna testimonianza oltre a quella della Persona offesa, la quale non si era confidata con nessuno. Nessuna testimonianza che suffraghi le parole della presunta vittima. E, come se ciò non bastasse, l’ombra della vendetta che si allunga sulla vicenda per un motivo che non sto qui a specificare. Allora dov’è la verità? Legga Pirandello: <<Così è se vi pare>>”.

D. Non Le sembra che la posizione di un avvocato oggi, in special modo a Milano, sia abbastanza scomoda? Nel senso che, secondo gli ultimi dati diramati dall’Autorità di Polizia, nella città meneghina ci sarebbe addirittura una violenza sessuale al giorno. Lei che ne pensa?
Guardi, alle posizioni scomode ci sono abituato, altrimenti, se avessi voluto stare comodo, avrei fatto il concorso in magistratura. Venendo al punto, in un momento diciamo così emergenziale come il nostro, il ruolo dell’avvocato difensore è fondamentale. Perché tra tanti casi di presunta violenza a volte si nascondono dei falsi scandalosi. In un clima di emergenza c’è chi ne approfitta per far partire la propria vendetta privata per le ragioni più svariate: speranze vanificate, amori non corrisposti, soldi, pazzia.

D. Quindi un gran numero di violenze sessuali denunciate sarebbero, secondo Lei, inventate di sana pianta?

“Sicuramente sì. E ne abbiamo le prove. Prenda il caso Adama, la senegalese scelta come simbolo per la giornata mondiale contro le violenze alle donne. Adama aveva detto che era stata violentata da un connazionale. In ragione di questo ella ottenne anche un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Ebbene questa signora è stata denunciata. Si era inventata tutto! Non era stata violentata e nemmeno picchiata! Ora deve rispondere di calunnia. Come vede è così che parte la caccia all’untore. Il compito dell’avvocato è difendere la verità del proprio cliente”.

D. Appunto avvocato ha detto bene, il suo cliente. Che La paga. Se non La pagasse non lo difenderebbe.

“La questione dei soldi per delegittimare chi lavora è un metodo camorristico. Lo fanno anche i Casalesi con Saviano. <<Saviano ha fatto i soldi vendendo i libri!>>. E allora? In un sistema capitalista come il nostro il danaro, piaccia o non piaccia, è la misura che dà il valore alle cose. Ma poi scusi, non mi risulta che il Pubblico Ministero o i Giudici lavorino a gratis per far trionfare la giustizia. Anzi mi risulta che abbiano ottimi stipendi”.

D. Mi conferma quindi che la giustizia è per chi se la può permettere?

“Anche le belle donne e le belle macchine sono per chi se le può permettere. Questo è un luogo comune. La morale della favola è: pagare un avvocato è una garanzia che il lavoro sia fatto in maniera professionale”.

D. Senta ormai quando si parla di giustizia si parla di una Giustizia Ingiustizia. Gli imputati lamentano che sono stati condannati ingiustamente. Le vittime dicono che i delinquenti sono fuori e i processi sono lenti. Lei che ne pensa?
“Come sempre la verità sta nel mezzo. Da una parte abbiamo dei processi in cui l’imputato viene condannato ingiustamente. A volte si ha l’impressione che non si vuole il colpevole ma il colpevole. Per quanto riguarda le vittime del reato magari la giustizia fosse solo lenta! Questa è anche inefficiente. Ma stavolta non per colpa dei giudici. La politica non dà le risorse giuste. E la giustizia annaspa”.

D. La notte dorme?

“Tranne quando mangio tardi la sera. Per il resto sempre. E sa perché dormo? Perché io per i casi che tratto ho solo dubbi, nessuna certezza. Noi avvocati siamo i traghettatori del dubbio. Abbia paura di chi dispensa certezze. Non di quelli che hanno dubbi. In fondo, come diceva qualcuno, il dubbio è l’anticamera della verità”.

D. Tanti giovani sono affascinati da questa professione. Secondo Lei qual è il segreto per essere un buon avvocato?

“Il mio dominus che faceva processi in Corte d’Assise un giorno sì e l’altro pure una volta mi disse <<Il segreto di questo lavoro è sbagliare il meno possibile>>.

D. Il momento più brutto e quello più bello che ha vissuto fino ad ora?

“Grazie al cielo non posso dire di avere avuto momenti brutti. Il momento bello, invece, si ripete ogni giorno quando un cliente ti sceglie. Una cosa che mi riempie di carica, di orgoglio e di responsabilità”.

D. Un episodio in particolare?

“Ricordo quando feci una delle mie prime discussioni in un grande processo di droga a Milano dove si metteva

.29/05/2013 -Lo studio legale di diritto penale in Milano

Gli avvocati dello studio penale D’Andria hanno acquisito un elevato grado di competenza confrontandosi con i casi offerti dalla realtà criminale milanese sotto accusa un famoso clan di Quarto Oggiaro. Era un processo basato prevalentemente su intercettazioni telefoniche. Ricordo che uno dei tanti imputati dal gabbiotto mi tese la mano e mi disse: <<Avvocato la sua discussione mi ha toccato. Glielo dico col cuore>>”.

D. I processi che più l’appassionano?

Quelli che tratto di più: stalking, di violenza sessuale, abusi. Dove in un gioco di specchi non si capisce chi sia la vittima e chi sia il carnefice. Lì si vede il valore di un avvocato.

D. Un grande personaggio della storia che avrebbe voluto difendere?

“La domanda è suggestiva. Posso allargarmi?”.

D. Certo. Domanda esagerata, risposta esagerata.

“Mi sarebbe piaciuto difendere tutti coloro che non hanno avuto un giusto processo. Tutti coloro che non hanno potuto difendersi perché, colpevoli o innocenti che siano stati, sono stati spazzati via dalla violenza compiuta manu militari.

E quindi, pur non essendo né fascista, né nazista né tanto meno un terrorista, ma orgogliosamente un avvocato, mi sarebbe piaciuto difendere Benito Mussolini. Adolf Hitler. Osama Bill Laden”.

D. Insomma, proprio i più colpevoli dei colpevoli.

È solo un punto di vista.

 

 

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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