L’ Avvocato Penalista a Milano vive la sua dimensione professionale in una città particolare. Milano, o la si ama oppure la si odia; non a caso, una delle canzoni popolari più famose recita così:“Tutt el mond a l’è paes, e semm d’accord, ma Milan l’è on gran Milan’’ (tutto il mondo è paese, siamo d’accordo, ma Milano è unica).
Eugenio Montale vedeva Milano come un enorme conglomerato di eremiti; probabilmente perché è una città grande, e come tale coloro che ci vivono tendono ad alienarsi a non socializzare: è molto probabile che se abiti a Milano non conosci i tuoi vicini di casa, al massimo li saluti per gentilezza.
Andiamo a scoprire insieme cosa vuol dire essere un Avvocato Penalista a Milano.
La figura dell’avvocato penalista a Milano
Insomma Milano è po’ come una donna austera, proprio come il suo Tribunale dal quale si forma la tempra degli avvocati che vi lavorano.
L’avvocato penalista a Milano si caratterizza per una maggiore semplicità nell’arringa e un maggiore tecnicismo; mentre l’avvocato penalista delle altre città ha un eloquio più pomposo e ricercato.
A prescindere dalle opinioni personali è un dato di fatto che nel Tribunale di Milano sono stati celebrati i casi più importanti, quelli che hanno fatto la storia del diritto nazionale e anche internazionale.
Non a caso una delle maggiori attività della città è quella forense: è fervida, basta avvicinarsi a Via Freguglia n. 1 per capirlo.
La grandezza del Tribunale di Milano deriva dai grandi casi che ivi hanno trovato soluzione e anche dai veri protagonisti di questi casi: i principi del foro, i migliori avvocati del nostro Paese.
I principi del foro di Milano
Tra i più illustri vorrei ricordare l’Avvocato Penalista milanese Corso Bovio.
Come la maggior parte dei milanesi aveva origini del sud: nonno e bisnonno erano, rispettivamente campano e pugliese.
L’avvocato Bovio non si limitava all’attività forense, era anche Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Lombarda Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa, dal 2004 era presidente della Fondazione Amici Circolo della Stampa di Milano, di cui era stato presidente.
Inoltre curava corsi di aggiornamento professionale per avvocati e seminari di diritto dell’informazione per giornalisti.
Era conosciuto da tutti per la sua competenza e conoscenza enciclopedica del diritto anche se la sua specializzazione era il diritto all’informazione: era un fuoriclasse che onorava il foro milanese. Le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo dicono che era una persona di grande lealtà e correttezza. La sua onestà traspare anche da questo commento, lasciato da lui in prima persona durante la presentazione di un libro:
“Come si fa a vedere se un giornalista è corretto? Vi racconterò un detto degli americani: “Come si capisce se un avvocato dice bugie? Basta vedere se muove le labbra”. Io dico che gli avvocati hanno un debito di verità. Se presentano un testimone poco credibile non ci guadagnano. È nell’interesse del cliente raccontare sempre la verità. E dunque dico: quando un giornalista è corretto? Quando rende un buon servizio informativo al suo cliente, il lettore […] Una sfida simpatica per i mezzi d’informazione potrebbe essere sottoporsi al controllo dei lettori, non per castigare questo o quel giornalista, ma per dare un bollino blu di qualità all’informazione. L’etica del giornalismo, la morale del giornalista, devono aprirsi alla costante verifica del pubblico”.
Gli allievi lo ricordano come un uomo dotato di un grande senso dell’umorismo, che faceva divertire a lezione perché non si prendeva sul serio, pur essendo una persona serissima; un vulcano di idee, di parole che sapeva come entrare nel cuore degli altri (da ‘’Il blog di maria’’ https://mariadilorenzo.wordpress.com/tag/milano/) .
Ciò che ci insegna Corso Bovio è che l’imputato non si deve difendere aggirando il processo, la bravura dell’avvocato consiste nello smontare i pezzi dell’accusa con l’arma del proprio sapere (http://www.girodivite.it/Il-giallo-della-morte-dell.html) .
Il giornale Panorama lo ha descritto come “uno con il pallino della verità”.
I processi che ha affrontato sono altisonanti per la popolarità delle persone che ha difeso e per i capi d’imputazione attribuiti a queste. Un esempio su tutti è l’attuale senatore Marcello Dell’Utri condannato per diversi reati tra i quali tentata estorsione e concorso esterno in associazione mafiosa.
Un altro principe del foro di Milano è l’Avvocato Penalista Giuliano Spazzali.
La sua immagine si caratterizza per tre elementi: la Malboro, la erre morbida e il pizzetto.
Nella cd rivoluzione dei giudici lui entrò in un ruolo difficile: era l’avversario del PM Di Pietro e doveva difendere Cusani nel processo Enimont per la tangente di 150 miliardi di lire consegnati alle segreterie di partito.
Vorrei citare una sua riflessione (pubblicata da www.ilgiornale.it del 17 Marzo 2008) , particolarmente significativa, sull’essere un Penalista da dibattimento e non alla ricerca della scorciatoia processuale:
‘’E come ci si può divertire? Ormai l’aula, il dibattimento, non esistono più. Esistono i riti alternativi, il giudizio abbreviato, il patteggiamento, che magari portano qualche vantaggio ma comportano la rinuncia totale alla ricostruzione della verità. Si va a litigare sulla punteggiatura, sulla stravaganza di certi rapporti di polizia.’’
Secondo questo principe del foro oggi si assiste ad una spettacolarizzazione del processo che è fine a se stessa; cioè come se ci fosse una norma non scritta che istituisce la doppia aula: del foro televisivo e del tribunale. Invece durante il periodo di Mani Pulite la spettacolarizzazione aveva per Di Pietro, suo avversario, uno scopo ben preciso (affermazioni dell’Avvocato Spezzali su www.ilgiornale.it del 17 Marzo 2008).
Ho un nitido ricordo di me di quando ero poco più che un adolescente e rimasi colpito dall’Avv. Spazzali.
La scena, ripresa tutte le televisioni, vedeva il mostro sacro dell’epoca Tonino Di Pietro, il quale, nel corso di un momento processuale abbastanza teso, affermava:‘’Presidente, se ci si permette di dire questa cosa in aula di giustizia, io mi alzo e me ne vado!’’.
Per tutta risposta Spazzali si limitava ad alzare le sopracciglia e con un leggero gesto della mano diceva al suo indirizzo: “E se ne vada…se ne vada”.
Ebbene, io rimasi folgorato dalla compostezza di quest’uomo che con un semplice gesto fece valere la sua autorevolezza e quella del suo cliente. Senza volgarità, senza scenate imbarazzanti: solo eleganza.
Io, in quanto Avvocato Penalista a Milano cerco di attingere da questi grandi maestri che ispirano il mio lavoro giorno dopo giorno.
Ammiro in questi principi del foro la loro competenza, il loro approccio verso il cliente, il rispetto e la cura dell’assistito.