L’avvocato penalista e il reato di spaccio

L’ avvocato penalista e il reato di spaccio: una storia vera. Milano, Navigli.

Un giovane di nome Marco viene controllato a distanza dai poliziotti della Squadra Mobile nel corso di un servizio di contrasto alla vendita di stupefacenti.
Gli agenti assistono ad uno scambio tra Marco e un soggetto di origine nordafricana. BANCONOTE IN CAMBIO DI UN CERTO QUANTITATIVO DI HASHISH. La polizia si avvicina, lo spacciatore si dilegua e Marco viene fermato e interrogato sul posto. Non oppone alcun tipo di resistenza, risponde diligentemente a tutte le domande che gli vengono rivolte e consegna l’hashish dichiarando di averlo acquistato al prezzo di 55 euro per farne un uso esclusivamente personale. Ma ciò non basta.

Con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti a fine di spaccio ex art 73 comma 1 del D.lgs. 309 del 1990, con recidiva specifica e reiterata, Marco viene sottoposto ad arresto in flagranza di reato e giudizio direttissimo. Ciò significa che Marco, un giovane agente di commercio, VIENE PORTATO SEDUTA STANTE  NEL CARCERE DI SAN VITTORE DOVE TRASCORRE L’INTERA NOTTATA, con tutti i disagi, le sofferenze psicologiche e le ripercussioni reputazionali che ne derivano. Al termine dell’udienza di convalida il giudice decide per la scarcerazione per mancanza di esigenze cautelari. Marco decide di rivolgersi a noi, che prendiamo immediatamente atto di tutte le circostanze del fatto. Innanzitutto Marco è stato arrestato con un’ACCUSA DEL TUTTO INFONDATA. Nessun elemento dava adito a pensare che si trovasse sui Navigli per spacciare droga.
Il quantitativo di stupefacente non era esorbitante e non vi era alcuna prova che Marco, prima di quel giorno, si fosse trovato sul posto a vendere sostanze a terzi, o ad attendere potenziali acquirenti. Nessun terzo è stato sentito a sommarie informazioni affinché riferisse di aver acquistato o ricevuto offerte di stupefacente da Marco. Ancora, il giorno dell’arresto in flagranza, non solo egli ha risposto a tutte le domande rivoltegli, ma si è altresì fatto parte diligente conducendo gli agenti a casa sua affinché appurassero che, come nell’auto, così nella sua abitazione, non vi era alcuna prova delle sue presunte attività di spaccio. Infatti nulla è stato trovato. Nessun bilancino di precisione, nessuno strumento da taglio, nessuna mazzetta.

La condotta di Marco dunque non rientra affatto nelle ipotesi penalmente rilevanti previste dall’art 73 comma 1 o comma 1-bis del T.U. in materia di stupefacenti, ma, al più, in quelle previste dall’articolo 75, che integrano illecito amministrativo.
È infatti assolutamente evidente che Marco non detenesse la sostanza al fine di spacciarla, ma che la stesse semplicemente RICEVENDO PER FARNE USO PERSONALE, come egli stesso ha riferito ai poliziotti. A complicare il caso poteva essere un solo profilo: i PRECEDENTI di Marco. Spaccio e rapina. Si tratta tuttavia di condanne datate (una relativa ad un fatto commesso prima del raggiungimento della maggiore età) e che si riferiscono ad episodi isolati e appartenenti a una fase della vita del giovane, ormai definitivamente superata.
Convinti delle nostre argomentazioni abbiamo optato per il RUTO ABBREVIATO, nel corso del quale abbiamo esposto tutte le argomentazioni a nostro favore. Il giudice, ascoltate con attenzione le parti, emette il suo verdetto: ASSOLUZIONE CON FORMULA PIENA PERCHÈ IL FATTO NON SUSSISTE.

“Dagli elementi a disposizione del tribunale” si legge nelle motivazioni della sentenza assolutoria, “non sono emersi elementi indicativi della destinazione della sostanza ad ulteriore rivendita”, e ancora “la quantità e la tipologia della sostanza sono compatibili con una destinazione all’uso personale”.
Tutto ciò, si legge ancora nella sentenza, trova ulteriore conferma se si tiene conto “delle condizioni di vita dell’imputato (che dispone di lavoro regolare), della specifica situazione in cui è avvenuto il controllo, che non dà conto della presenza di altri soggetti (a prescindere da acquirente e venditore), che non sono stati evidenziati altri dati afferenti il contatto con “altri” potenziali acquirenti..”

Questa vicenda dimostra che un’attenta analisi di tutti gli elementi del caso, di quelli a favore e di quelli a sfavore dell’imputato, unitamente all’elaborazione di una strategia cauta, ponderata e al tempo stesso decisa, non possono che portare a risultati soddisfacenti.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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