Il reato della riduzione in schiavitù e il suo significato
Per spiegare il concetto del reato di riduzione in schiavitù possiamo fare riferimento alla dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite del 1948, la quale sanciva il divieto di schiavitù:
“Nessuno sarà tenuto in schiavitù o in servitù. La servitù e il traffico di schiavi sono vietati in ogni forma.”
Nel 1998, la riduzione in schiavitù è stata inserita tra i crimini contro l’umanità:
“Per riduzione in schiavitù si intende l’esercizio su una persona di uno o dell’insieme dei poteri inerenti la proprietà, anche nel corso del traffico di persone, in particolare di donne e bambini ai fini di sfruttamento sessuale.”
La riduzione o il mantenimento in schiavitù riguardano i delitti contro la libertà personale dell’individuo ed è spiegato nell’art. 600 del codice penale, il quale prevede la reclusione da otto a venti anni per chiunque commetta questo tipo di reato:
“Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
La riduzione in schiavitù o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.
La pena per il reato di riduzione in schiavitù è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.”
Il reato di riduzione in schiavitù comprende anche il traffico degli esseri umani: un fenomeno criminale in aumento
Purtroppo, la riduzione in schiavitù non riguarda il passato; al contrario è un fenomeno criminale internazionale in continuo aumento e, soprattutto, molto redditizio per l’organizzazione criminale (dai sette ai tredici miliardi di dollari l’anno.)
La tratta degli esseri umani, ad esempio, è una delle più gravi violazioni dei diritti umani e che provoca danni veramente profondi alle vittime. La parola “tratta” deriva dal latino “tractare”, che rimanda al significato di negoziare al fine di una compravendita. La tratta di esseri umani avviene quando sussiste un reclutamento, un trasporto, un trasferimento con la minaccia e l’inganno.
I soggetti che realizzano le tratte di esseri umani sono le organizzazioni criminali che si spostano fra i vari Stati e le vittime principali sono uomini ma soprattutto donne e bambini. Gli scopi di questi traffici sono:
- Lo sfruttamento sessuale (riguarda maggiormente i minori);
- La mendicità e l’accattonaggio;
- Lo sfruttamento in attività illegali come ad esempio il furto, lo spaccio di droga;
- Il lavoro forzato;
- L’espianto degli organi.
Nel testo della Convenzione ONU del 2000 sono state inserite le linee guida di riferimento contro la criminalità organizzata transazionale e spiega che:
“La tratta di esseri umani è un fenomeno in cui le vittime, soprattutto donne e bambini, sono contattate nel Paese di origine dai trafficanti, solitamente ingannate, e poi trasportate fino ai Paesi di destinazione, dove vengono avviate prevalentemente alla prostituzione”.
Con la legge 11 del 2003 Misure contro la tratta di persone, sono stati modificati anche gli artt. 601 e 602 del codice penale italiano.
L’art. 601 riguarda la tratta di persone: “È punito con la reclusione da otto a venti anni chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l’autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.
Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalità di cui al primo comma, realizza le condotte ivi previste nei confronti di persona minore di età.
La pena per il comandante o l’ufficiale della nave nazionale o straniera, che commette alcuno dei fatti previsti dal primo o dal secondo comma o vi concorre, è aumentata fino a un terzo.
Il componente dell’equipaggio di nave nazionale o straniera destinata, prima della partenza o in corso di navigazione, alla tratta è punito, ancorché non sia stato compiuto alcun fatto previsto dal primo o dal secondo comma o di commercio di schiavi, con la reclusione da tre a dieci anni.”
L’art. 602, invece, concerne l’acquisto e l’alienazione di schiavi: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 601, acquista o aliena o cede una persona che si trova in una delle condizioni di cui all’articolo 600 è punito con la reclusione da otto a venti anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se la persona offesa è minore degli anni diciotto ovvero se i fatti di cui al primo comma sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.”
Le sanzioni previste del reato in schiavitù
Per i reati suddetti è previsto lo stesso trattamento sanzionatorio: la reclusione da otto a venti anni. Ci sono, però, tre ipotesi per cui la pena aumenta da un terzo alla metà:
- Se la persona offesa è un minorenne;
- Se i fatti sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo degli organi;
- Se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa.
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