CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Quando parliamo del reato di concorso esterno in associazione mafiosa non possiamo non partire da un brocardo: nullun crimen sine lege.
Sta a significare che non vi può essere un crimine se non c’è una legge che stabilisca che quel fatto costituisce un crimine.
Ma c’è un altro principio importante: nessuno può essere condannato per un fatto che quando fu commesso non costituiva reato.
Questi principi, stabiliti sia nella nostra Carta Costituzionale sia nel nostro codice penale, sembrano concetti ovvi e banali eppure nelle aule di giustizia tutto si complica.
Facciamo un esempio paradossale ma che rende l’idea.
Soltanto se vi è una legge che dica che è un crimine entrare nel giardino dell’Eden, allora quel comportamento costituisce reato.
E se c’è questa legge esiste da oggi (“vietato entrare nel giardino dell’Eden”) non ti potranno condannare oggi perché tu sei entrato ieri nel giardino dell’Eden.
Facile, vero? Per niente.
E te lo dimostro parlando del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Spieghiamo un attimo cos’è questo reato.
Il reato
Questo reato si configura nella realtà fenomenica allorché un soggetto estraneo alla consorteria mafiosa, per esempio un politico, o un imprenditore, o anche un avvocato, COMPIA, magari nell’esercizio delle sue funzioni, degli atti illeciti volti a contribuire al rafforzamento o consolidamento dell’associazione mafiosa.
Ad esempio: Il politico, amministratore pubblico, bandisce una gara d’appalto ad hoc per un’associazione mafiosa determinando il suo rafforzamento economico.
Ma attenzione: ricordate?
Abbiamo detto: non ci può essere crimine se non lo stabilisce una legge (quindi votata dal parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica). È REATO ENTRARE NEL GIARDINO dell’Eden perché c’è una legge che lo vieta.
BENE, ora torniamo al reato di cui stavamo discutendo: ossia il reato di associazione mafiosa.
Dunque, udite udite, se voi spulciate il codice penale non troverete il reato di concorso esterno in associazione mafiosa!
Non sto scherzando. Non esiste!
Questa è una creazione giurisprudenziale che mette in collegamento l’art. 110 c.p. (concorso di persone nel reato) con il 416 bis, ovvero l’associazione mafiosa.
Secondo alcuni autori, e direi il senso comune, il reato associativo ammetterebbe unicamente la condotta di partecipazione al suo interno; per cui un soggetto se non è intraneus al sodalizio, non dovrebbe soggiacere all’applicazione di questa norma.
Ci troviamo di fronte ad una legge mai approvata dal parlamento che viene utilizzata nelle aule di giustizia.
Ma tant’è.
Abbiamo ancora detto che nessuno può essere punito per un fatto che non era considerato reato al tempo in cui fu commesso.
E anche qui colpo di scena.
Torniamo sempre al concorso esterno e parliamo dello strano caso di Bruno Contrada, alto dirigente dei servizi segreti del Sisde, il quale fu accusato e condannato dai Giudici italiani per concorso esterno in associazione mafiosa.
Bene, la Corte Europea nel 2015 stabilì che Contrada non avrebbe dovuto essere condannato e nemmeno processato per il reato in parola.
E perché?
Perché, all’epoca dei fatti contestati a Contrada, ha sostenuto la Corte di Strasburgo, il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” «non era sufficientemente chiaro, né prevedibile da lui>>.
In altre parole, il reato per cui è stato condannato non era stato ancora co-di-fi-ca-to quando Contrada lo compì, quindi non poteva essere condannato.
Dopo questa sentenza la Cassazione ha revocato la condanna a Contrada.
Insomma nella Giustizia non v’è certezza!