Lo sfruttamento della prostituzione è l’attività criminale da parte di colui (chiamato comunemente protettore) che
tragga un profitto economico dal meretricio di altre persone.
Tale attività consiste nel coinvolgere gruppi di persone, solitamente donne, costrette a fornire prestazioni sessuali sotto la minaccia e la coercizione fisica.
Nella maggior parte dei Paesi del mondo lo sfruttamento della prostituzione è illegale; in Italia tale sfruttamento è punito con la legge 20 febbraio del 1958 n. 75 (più comunemente conosciuta come legge Merlin).
L’art. 3 della suddetta legge, infatti, punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da € 258 a € 10.329 chiunque:
Abbia la proprietà o l’esercizio di una casa di prostituzione o comunque la controlli, o la diriga o la amministri (n. 1);
Essendo il proprietario di un albergo, di una pensione, di locali notturni, di luoghi di spettacolo o qualunque locale aperto al pubblico vi tollera abitualmente la presenza di persone che, all’interno del locale stesso, si danno alla prostituzione (n. 3); Recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione (n. 4); Induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico sia a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (n. 5); Compia attività di organizzazione della prostituzione, o di reclutamento delle prostitute, anche attraverso la tratta delle donne (n. 6 e 7);
In definitiva la legge n. 75 del 1958 punisce come reato solo quelle condotte che possano porre in essere le condizioni favorevoli al meretricio o che siano, comunque, rivolte a ricavare da esso un profitto.
Vi sono, altresì, altre figure legate al fenomeno della prostituzione per cui può configurarsi, al posto dello sfruttamento vero e proprio, il reato di favoreggiamento e d’induzione alla prostituzione.
Il reato di favoreggiamento della prostituzione si perfeziona quando si favorisce in qualsiasi modo la prostituzione altrui senza la necessità di una condotta attiva essendo sufficiente ogni forma d’interposizione agevolativa come per esempio mettere in contatto il cliente con la prostituta (Cassazione. Sez. III del 20.03.2001).
Pertanto, non è punibile del reato di favoreggiamento il cliente che dopo aver consumato un rapporto sessuale con la prostituta, la riconduca con la propria autovettura sul “luogo di lavoro”.
La Corte di Cassazione, sez. III con sentenza n. 12633 del 1999 stabilisce che accompagnare in modo abituale con la propria autovettura la meretrice nel luogo in cui la stessa si prostituisce, costituisce una condotta attiva rientrante nell’attività di favoreggiamento.
Invece un consolidato orientamento giurisprudenziale ha oramai affermato l’inesistenza del reato di favoreggiamento nei confronti di chi concede in locazione, a prezzo di mercato, un immobile a una sola prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la professione di meretrice.
L’art. 3 numero 2 della legge n. 75/1958 punisce la condotta di sfruttamento della prostituzione nel caso di concessione in locazione di una casa o altro locale a scopo di esercizio di una casa di prostituzione.
Pertanto secondo la Corte, se la locazione non è concessa allo scopo specifico di casa di prostituzione, la condotta del locatore non configura la condotta di favoreggiamento alla prostituzione ma semplicemente la stipulazione di un semplice contratto di locazione a uso abitativo.
Successiva condotta è quella dell’induzione alla prostituzione: assai labile è il confine tra sfruttamento e induzione alla prostituzione.
Cercheremo qui di seguito di dare alcune risposte.
L’induzione alla prostituzione è sanzionata all’art. 3 n. 5 della legge 20 febbraio 1958 n. 75.
Pertanto, per la realizzazione di questa condotta, l’aspetto retributivo assume una rilevanza notevole per la prostituta che è indotta a compiere l’atto sessuale in virtù della dazione o dell’elargizione che ne seguirà.