La bancarotta è disciplinata dagli articoli 216 e seguenti del R.D. 267 del 1942, in materia di fallimento.
Si tratta infatti di un reato fallimentare, vale a dire connesso al fallimento dell’impresa. La legge, infatti, subordina
espressamente, l’integrazione del reato all’avvenuta dichiarazione di fallimento.
La bancarotta può essere semplice o fraudolenta.
Commette bancarotta semplice, ed è punito con la reclusione da sei mesi a due anni, l’imprenditore che, citando
l’art 217, “ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica” o “ha
consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti” o ha
compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento” o “ha aggravato il proprio dissesto,
astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa” o, ancora, “non ha
soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare”.
Prosegue il legislatore affermando che: “la stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla
dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i
libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta” (cd.bancarotta documentale).

A questa fattispecie meno grave di bancarotta, commessa “per imprudenza”, vale a dire con colpa, o al limite con
dolo semplice, si affianca la fattispecie ben più grave della bancarotta commessa con frode.
Il trattamento sanzionatorio più severo, da tre a dieci anni di reclusione, è riservato a chi, ex articolo 216: “ha
distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti” o “ha sottratto, distrutto o falsificato, in
tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o

del movimento degli affari” (cd. bancarotta documentale).
La stessa pena si applica all’imprenditore che abbia tenuto una delle suddette condotte nel corso della procedura fallimentare (cd. bancarotta post-fallimentare).
Ad una pena inferiore, da uno a cinque anni, va incontro l’imprenditore fallito che “prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione” (cd. bancarotta preferenziale).
L’elemento soggettivo-psicologico che caratterizza tale fattispecie incriminatrice è il dolo specifico, ossia la coscienza e volontà non solo di realizzare il reato, ma anche, specificamente, di danneggiare i creditori.
Parte della dottrina (EUSEBI), ritiene che per inquadrare precisamente il reato di bancarotta fraudolenta occorra prestare peculiare attenzione all’aggettivo “fraudolenta”. La frode consiste in un insieme di artifizi e raggiri finalizzati ad ottenere un ingiusto profitto. Ecco allora che, secondo l’orientamento in parola, per commettere il reato di cui all’articolo 216, l’imprenditore dovrebbe approfittare della propria qualifica al fine di farsi prestare denaro con la consapevolezza che non lo restituirà.
Nei casi di bancarotta fraudolenta sono previste: procedibilità d’ufficio, competenza del tribunale in composizione collegiale, applicabilità di misure cautelari personali, arresto in flagranza facoltativo e fermo eventuale per le tre ipotesi punite più severamente.
Va, infine, precisato che si parla di bancarotta impropria quando i fatti di bancarotta semplice o fraudolenta, come avviene nella maggior parte dei casi, vengono posti in essere da soggetti diversi dall’imprenditore, quali, ad esempio, amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori di società dichiarate fallite.
L’avvocato Francesco D’Andria è esperto di reati fallimentari e si è spesso occupato, in particolare, di bancarotta.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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