Conto cointestato e appropriazione indebita: vediamo cosa dice la legge.
“In un conto corrente cointestato, se si preleva una somma che supera il tetto massimo, senza consenso del cointestario, è appropriazione indebita.”
Lo ha stabilito la Cassazione,II sezione penale, nella sentenza n. 29019 del 4 luglio 2014, in riferimento ad un uomo, accusato di appropriazione indebita per aver incassato, illegittimamente, l’intera somma di denaro depositata in un conto intestato alla madre defunta, a lui e ad altri eredi.
La Cassazione, inoltre, afferma che “è configurabile il delitto di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario, il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 cod. civ., secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali“ (Corte di cassazione, sezione II, sentenza 30 aprile 2010 n. 16655).
La Cassazione, inoltre, afferma che nel momento in cui uno dei contitolari del conto corrente cointestato, a firma disgiunta, prelevi una somma di denaro superiore al tetto massimo per i propri scopi personali e senza il consenso degli altri, commette il reato di appropriazione indebita.
Infatti, quando manca il consenso degli altri co-intestatari, un soggetto può prelevare somme di denaro nei limiti delle proprie quote di proprietà.
Solitamente, si presume che le quote siano divise in parti uguali a meno che non sussista la prova di una diversa ripartizione.
La Corte di cassazione, sezione II, nella sentenza del 13 agosto 1982 n. 7751 afferma che:
“Commette il reato di appropriazione indebita il cointestatario di conto corrente bancario, il quale realizzi l’intero credito e si dichiari proprietario esclusivo dello stesso. Il mutamento del titolo, in base al quale il soggetto possiede la parte di danaro che non è sua, integra l’ipotesi della “interversio possessionis”, che costituisce il presupposto del reato di appropriazione indebita. Infatti, se la solidarietà attiva consente la realizzazione dello intero credito da parte di un solo creditore, questi tuttavia non acquista anche la proprietà delle quote altrui, che egli possiede e detiene in funzione del regolamento successivo del rapporto interno che, in base alla disciplina civilistica dell’obbligazione solidale attiva vista all’interno dei creditori, lo obbliga a non disporre per sé della parte della somma ad altri spettante.”
Conto cointestato tra i coniugi e appropriazione indebita
Se il conto cointestato è tra i coniugi, l’appropriazione indebita è possibile? Nel momento in cui due coniugi decidono di separarsi, sarà sicuramente necessario procedere ai rimborsi o alle restituzioni delle somme prelevate dal conto che avevano in comune. A seguito di ciò, ad entrambe le parti, viene assicurato il diritto alla ripartizione in uguale quota dell’attivo e del passivo in quanto le somme depositate sul conto corrente cointestato si presumono di proprietà dei coniugi al 50% ciascuno.
Tuttavia, può accadere che vengano verificati dei prelievi superiori al tetto massimo da parte di uno dei due coniugi. Come può comportarsi la parte lesa?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19115/12, ha chiarito che “Il soggetto che affermi che le somme presenti sul conto non debbano essere assegnate in parti uguali potrà fornire prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, ad esempio con l’esibizione di ordini di accreditamento, di stipendi e pensioni, oppure di versamenti sul conto comune di assegni emessi a favore di uno dei cointestatari.”
Facciamo un esempio di conto cointestato tra coniugi ed appropriazione indebita. Una moglie effettua molteplici prelievi sul conto corrente cointestato con il marito. Dopo aver verificato la documentazione bancaria, è emerso che la donna aveva prelevato innumerevoli somme di denaro all’insaputa del marito e, quindi, quest’ultimo poteva richiedere la restituzione delle somme di denaro.
Vi è da dire che nel nostro ordinamento opera una scriminante nel caso di appropriazione di soldi nell’ambito di un rapporto di coniugio.
Infatti l’art. 649 c.p. stabilisce che non è punibile chi ha commesso un reato contro il patrimonio, tra cui il reato di appropriazione indebita, in danno del coniuge non legalmente separato.
Se, ad esempio, durante il matrimonio uno dei due coniugi denuncia l’altro per appropriazione indebita del conto corrente cointestato, non potrà sussistere un processo penale perché il soggetto attivo non sarebbe considerato punibile (pur tuttavia rimarrebbero le responsabilità civilistiche di debito-credito).
Il soggetto attivo sarà, invece, punibile nel caso in cui il reato si sia verificato in un tempo successivo rispetto alla separazione dei coniugi.
Oltre a questa lettura sul conto cointestato e appropriazione indebita (anche tra coniugi), è bene riflettere anche su altri dati importanti in merito, come ad esempio la prescrizione di appropriazione indebita, l’appropriazione indebita e querela, e il reato di appropriazione indebita.
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