Lo Studio Legale D’Andria si occupa anche di immigrazione, disciplinato dal T.U. dell’Imm. (d.lgs n. 286/1998). Che cos’è il provvedimento di espulsione e come bisogna comportarsi quando lo si riceve?
Il decreto di espulsione è un provvedimento che intima allo straniero di lasciare il Paese entro quindici giorni.
Il suddetto provvedimento viene rivolto allo straniero irregolarmente presente nel territorio italiano e considerato

persona socialmente pericolosa.

L’espulsione può essere amministrativa (art. 13 d.lgs 286/1998).

Detta espulsione può essere disposta dal Ministro degli Interni e dal Prefetto oppure può essere disposta dall’Autorità giudiziaria come misura di sicurezza, sanzione sostitutiva alla detenzione e misura alternativa alla detenzione.
L’espulsione amministrativa è rivolta nei confronti dello straniero:

–  che è entrato nel nostro Paese clandestinamente;

–  che non ha richiesto il permesso di soggiorno entro 8 giorni dal suo ingresso;
–  che il permesso di soggiorno era scaduto da più di 60 giorni e lo straniero non ne ha richiesto il rinnovo salvo che ciò sia dipeso da forza maggiore;
–  che il permesso di soggiorno è stato annullato, revocato o rifiutato senza richiederne il rinnovo;
–  che non può provare che il suo reddito provenga da fonti lecite (art. 13 legge 646/1982);
–  quando viene sospettato dalla polizia di appartenere ad associazioni mafiose (art. 2 legge 327/1988);
–  quando è stato espulso con un foglio di via e non ha lasciato l’Italia entro 15 giorni;
–  quando è già stato espulso ed è rientrato in Italia prima di 5 anni senza aver ottenuto l’autorizzazione dal Ministero degli Interni.
Un recente caso trattato dagli avvocati dello Studio Legale D’Andria riguarda un decreto di espulsione rivolto a un giovane marocchino, da anni convivente con una ragazza italiana, dalla quale aspettava anche un figlio, e trattenuto presso il Centro di identificazione ed espulsione di Milano in attesa dell’attuazione del suddetto decretodi espulsione.
Lo Studio Legale considerando il decreto Prefettizio assente di motivi concreti e basato su errate valutazioni si adoperava immediatamente ponendo in essere un ricorso al Giudice di Pace, al fine di ottenerne l’annullamento.
Il giovane marocchino si trovava nel territorio italiano senza un regolare permesso di soggiorno ed era stato considerato dalla Prefettura territorialmente competente un soggetto socialmente pericoloso in quanto gravato da una serie di precedenti penali.
L’art. 13 comma 2 del T.U. Imm., dunque, stabilisce che i cittadini extracomunitari possano essere espulsi dallo Stato quando siano ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza in quanto debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, che vivono abitualmente con proventi derivanti da attività delittuose e coloro che per il loro comportamento debbano ritenersi, dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 12721 del 30 agosto 2002 è intervenuta a precisare i limiti discrezionali dell’autorità amministrativa nel valutare la pericolosità sociale di un cittadino extracomunitario.
La Corte di Cassazione infatti ha disposto che per la determinazione della pericolosità sociale <<devono, in particolare, tenersi presenti i criteri: a) della necessità di un accertamento oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) del requisito dell’attualità della pericolosità; c) della necessità di esaminare globalmente l’intera personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita>>.
La Corte, pertanto, assoggetta il potere del Prefetto di espellere lo straniero per motivi di sicurezza pubblica solamente alla presenza di condizioni particolarmente gravi da cui desumere la pericolosità dello straniero. Ebbene nel caso di specie la Prefettura considerava il nostro assistito un soggetto socialmente pericoloso basandosi esclusivamente su i suoi precedenti penali senza però considerare che non vi erano prove né tantomeno indizi che potessero affermare che questi fosse dedito ad attività delittuose.
Il cittadino marocchino conviveva more uxorio, inoltre, con una cittadina italiana la quale si trovava in stato interessante.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 341/1991 affermava la possibilità di non estendere il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o che avesse partorito nei sei mesi successivi alla nascita del figlio salvo che sussistano i motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
Pertanto lo Studio Legale D’Andria mediante ricorso ha chiesto all’Autorità competente di annullare il provvedimento di espulsione e di sospenderne l’esecuzione sino alla definizione del ricorso al fine di permettere al proprio assistito di riconoscere il nascituro e, mediante la sua presenza sul territorio, assicurare al minore il pieno sviluppo psicofisico.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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