Che cos’è lo stalking giudiziario?
In Italia, il reato di ‘atti persecutori’ è stato introdotto soltanto nel 2009 ed è contenuto nel Codice Penale art. 612 bis e, con esso, anche lo stalking giudiziario:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Stalking giudiziario: quali sentenze? Come è punito?
Quali sono le sentenze sullo stalking giudiziario? Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
Lo stalking giudiziario può essere definito, quindi, come un insieme sistematico ed incessante di azioni giudiziarie che un soggetto mette in atto nei confronti di un altro per danneggiarlo dal punto di vista economico, psicologico ed emotivo.
Le azioni giudiziarie che vengono intraprese dallo stalker possono configurarsi in un susseguirsi di denunce, di querele, di esposti e di segnalazioni all’autorità giudiziaria ai danni della vittima reale. A causa di queste condotte persecutorie, i processi giudiziali hanno una durata lunghissima e ciò determina costi elevatissimi per il sistema ma, soprattutto, per le vere vittime poiché lo stalker vuole esporre la sua “preda” a spese giudiziarie per causarle un danno di natura economica. Per diminuire questo fenomeno, il Parlamento italiano ha approvato una modifica dell’articolo 91 del codice di procedura civile (legge 162 del 2014) che prevede la riduzione dei casi in cui è possibile compensare le spese fra le parti, accollando i costi delle cause inutili a chi le ha proposte. Lo stalking giudiziario si verifica soprattutto nei contesti familiari e nelle liti condominiali e il motore di questo atteggiamento è il bisogno di vendicarsi di un eventuale torto subito, per odio, invidia, rivalità o, anche, per interessi economici. Nel contesto giudiziario, l’obiettivo dello stalker non è solo quello di dare fastidio alla vittima attuando delle molestie nei suoi confronti, bensì cercare di arrecare ingiustamente un vero e proprio danno portando la vittima ad avere paura e a modificare negativamente le proprie abitudini di vita. Perciò, nella vittima, si creerà uno stato di ansia e il terrore di non essere creduta durante il processo poiché sarà accusata dal suo stesso stalker, il quale metterà in atto false accuse nei suoi confronti. Pensiamo, ad esempio, al caso di un cittadino che segnala giustamente la realizzazione di pratiche edilizie sospette da parte di un vicino di casa e, quest’ultimo, al fine di far tacere il denunciante, lo querela per diffamazione o per calunnia. Analizzando il fatto si constata che, in realtà, il denunciante utilizza in maniera strumentale l’azione penale attuando, così, un tipo di stalking giudiziario.
La particolarità di questo tipo di stalking risiede nel fatto che lo stalker (il denunciante) ha l’obiettivo di essere riconosciuto come vittima; la vera vittima (il denunciato) viene accusato ingiustamente di aver commesso un reato -magari proprio per stalking- e riconosciuto come carnefice. La situazione diventa, perciò, paradossale e si assiste ad una inversione di ruoli.
La sindrome da falsa vittimizzazione
Alla luce di quanto detto, possiamo sostenere che in molti casi ci si trova davanti a denunce false che diventano un vero e proprio atto di stalking in cui la persona che viene denunciata è, in realtà, la vera vittima.
Quando un soggetto cerca in tutti i modi di convincere gli altri che un’altra persona sta attuando condotte persecutorie nei suoi confronti e lo fa attraverso il racconto di fatti e/o situazioni puramente inventate, ci si trova davanti ad un individuo che è affetto dalla sindrome da falsa vittimizzazione. Questi soggetti hanno come obiettivo quello di ristabilire un legame con l’altra persona attraverso il sistema giudiziario per recargli un vero e proprio danno: in questo contesto la persona denunciata, in realtà, è la vera vittima.
Coloro che attuano questo tipo di comportamento raramente sono affetti da psicopatologie: nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di persone che sentono il bisogno di vendicarsi. Di conseguenza, il vero stalker ritiene doveroso attuare questo tipo di condotta che crea danni all’altro in quanto è “normale” volersi vendicare per il torto subito soprattutto per vie legali. Può capitare, invece, che alcune persone ritengano di essere vittime non per vendicarsi di qualcuno ma perché soffrono di gravi problemi psicopatologici che possono manifestarsi, ad esempio, attraverso deliri di persecuzione.
In altri casi può accadere che lo stalker si senta vittimizzato dalla persona a cui sta facendo stalking: si parla di “identificazione proiettiva”, cioè lo stalker prova dei sentimenti di rabbia e di rancore perché è stato rifiutato e proietta la sua rabbia sulla vera vittima.
Per quanto riguarda il fenomeno delle false accuse sono stati fatti numerosi studi che hanno evidenziato che esistono soggetti che mentono in modo consapevole affermando di essere stati molestati. Questi soggetti avevano come obiettivo quello di soddisfare i loro bisogni psichici o, addirittura, quello di ottenere ricavi economici attraverso l’attuazione di processi legali.
Il ruolo del difensore nello stalking giudiziario
Il fenomeno delle false accuse è in continuo aumento ed è molto facile che un soggetto si ritrovi ad essere accusato ingiustamente all’interno di un processo giudiziario senza che abbia commesso alcun reato. Per questo motivo è importante che chi svolga le indagini sia molto precisa durante la raccolta dei dati e delle prove e nella valutazione dei racconti per definire in modo corretto il come e il perché dell’accaduto. Che cosa fare e come difendersi di fronte ad un’accusa ingiusta? Quando si riceve una falsa accusa, la maggior parte delle persone decide di sporgere una controdenuncia senza pensarci troppo. In realtà è importante che la persona accusata ingiustamente si rivolga ad un avvocato competente che la assista e che riesca a dimostrare che l’accusa è ingiusta ma, soprattutto, dimostrare al giudice che l’accusatore era pienamente consapevole dell’innocenza dell’accusato. Nell’esempio citato in precedenza, un cittadino che ha segnalato la presunta realizzazione di pratiche edilizie sospette da parte di un vicino di casa è stato denunciato ingiustamente per calunnia da quest’ultimo al fine di vendicarsi della segnalazione subita. La difesa dell’imputato dovrà essere in grado di dimostrare che la falsa denuncia è stata sporta esclusivamente per recare un danno alla vera vittima e che i motivi per cui l’accusatore avrebbe denunciato la vittima sono frutto della sua invenzione.
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