Domanda: “Dinanzi al giudice che decide, si risponde penalmente per quello che si è fatto… oppure semplicemente per quello che si è?”.
In altre parole, l’imputato viene condannato per ciò che ha fatto… o per quello che è?

La domanda è: Il Giudice TARA la sua decisione sul fatto in sé o sulla persona che ha di fronte?
Per spiegare questo importante concetto intendo avvalermi di un processo di “tentato omicidio” in cui difendevo l’imputato.
Il caso è questo.

Il mio cliente, giovane extracomunitario, spacciatore ben inserito in un gruppo criminale, viene, a bordo della sua autovettura, fermato da una pattuglia di agenti di polizia in borghese.
Gli agenti di polizia scendono dalla loro macchina e invitano il fermato a scendere a sua volta.

Fermiamoci un attimo.

L’imputato dichiarerà a processo che gli agenti di polizia avevano intimato l’alt sfoderando le pistole ma – attenzione – non avevano esibito i tesserini.

Ancora, l’imputato, dichiarerà a processo che, poco tempo prima, aveva subito una rapina da parte di un commando di albanesi che gli avevano portato via molti soldi contanti.
Bene, fatte queste specifiche, torniamo alla scena del crimine.
Al cospetto di questi tre figuri il catturando, ritenendo che si trattasse di una nuova rapina, non scendeva dall’autovettura, ma, dopo aver ingranato la retro, sfreccia a marcia indietro.
In quel mentre però uno degli agente di polizia, in violazione del protocollo, impugnava la maniglia dell’autovettura e, aprendo la portiera dell’auto, veniva trascinato via.
L’agente di polizia viene ricoverato d’urgenza in Ospedale in terapia intensiva. Si rimetterà e tornerà in servizio.
In primo grado il Giudice dell’abbreviato condanna l’imputato ad 8 anni di carcere: l’accusa è di tentato omicidio.
Secondo il Giudice l’imputato, attraverso la sua manovra alla guida dell’auto, ha cercato, quando l’agente era appeso alla maniglia con il fine di scrollarselo di dosso, di schiacciare l’agente di polizia contro il muro.
Quindi: colpevole.
Eppure, a giudizio di questa Difesa, la sentenza non sta in piedi.
L’imputato non poteva avere l’intenzione di uccidere perché la sua manovra era finalizzata a darsi alla fuga, e non uccidere, schiacciando contro il muro, l’agente di polizia.
Ma nel fascicolo vi è un’incongruenza enorme.
Il Giudice afferma che l’intenzione di uccidere si ricava dalla manovra di schiacciamento contro il muro.
Falso.
Falso, perché nel fascicolo delle indagini ci sono le foto del luogo del tentato omicidio e come si vede qui non vi è un muro ma un muretto sovrastato da una rete metallica.
Il che significa che la manovra era di per sé inidonea ad un omicidio, anche e soprattutto sotto il profilo rappresentativo, cioè il soggetto agente non si era figurato l’idea di uccidere.
Ergo, la ricostruzione del Giudicante è sbagliata, e richiama la c.d. colpa d’autore.
Tale concezione si basa sull’idea che è soggetto a punizione non tanto il fatto commesso, sebbene contrario a norme penali, quanto piuttosto il modo d’essere dell’agente.
E nel caso che ci occupa qual era il modo di essere dell’agente?
Beh non certo uno stinco di santo ma un extracomunitario, senza permesso di soggiorno, spacciatore.
E allora i Giudici forgiano la loro decisione sulla base della condotta di vita dell’imputato e finiscono per ricostruire l’azione criminosa sulla scorta di una valutazione ideologica figlia di quella colpa d’autore, ossia: cedono all’idea che, vista la caratura criminale del soggetto, questi, al fine di darsi alla fuga, abbia messo in conto di uccidere l’agente di polizia.
Cosicché la valutazione del fatto non è neutra, ma viene influenzata dal personaggio.
Ma ti pongo un quesito – ed è lo stesso quesito che ho posto alla Corte d’Appello – se a commettere l’identica azione fosse stata altra persona? Cioè una persona che noi giudichiamo mediamente perbene?
Pensiamo ad un normale lavoratore, incensurato, con una normale vita familiare che avesse subito una rapina poco prima e si trovasse al cospetto di 3 persone che gli intimassero l’alt con le pistole spianate, senza qualificarsi; bene se costui avesse ingranato la retromarcia e fosse andato a ritroso travolgendo un’agente di polizia… il Giudice della decisione lo avrebbe giudicato colpevole? senza “se” e senza “ma”?
Io ho qualche dubbio e sono sicuro che ce l’hai anche tu.
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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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