Traffico di Droga e stupefacenti

“È detta sostanza stupefacente, psicoattiva o psicotropa una sostanza chimica farmacologicamente attiva, dotata di azione psicotropa, ovvero capace di alterare l’attività mentale e in grado di indurre, in diverso grado, fenomeni di dipendenza, tolleranza e assuefazione.”

La sostanza stupefacente e lo spaccio: cosa si deve sapere sul traffico di droga e stupefacenti?

Traffico di droga e stupefacentiBisogna fare alcune considerazioni sul traffico di droga e stupefacenti, in quanto non esiste una nozione onnicomprensiva del termine “sostanza stupefacente”, in quanto sono considerate sostanze stupefacenti solo quelle sostanze che sono inserite all’interno delle tabelle definite dalla legge del 16 maggio 2014 n. 79. Tali tabelle vengono periodicamente aggiornate dal Ministero della Sanità e l’art. 14 del Testo Unico in materia di Stupefacenti spiega quali sono i criteri per la formazione di tali tabelle.

In Italia, il problema legato all’utilizzo e allo spaccio e quindi al traffico di droga e stupefacenti è in continuo aumento: negli ultimi anni, infatti, si è registrato un notevole aumento di soggetti – soprattutto dei giovani- tossicodipendenti all’interno delle carceri italiane.

La droga è un male con cui dobbiamo fare i conti nella quotidianità e, contro il quale, non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione efficace.

In passato, chi faceva uso di droga era, generalmente, un soggetto che apparteneva al mondo della criminalità o che faceva parte di un ristretto gruppo di persone che si potevano permettere di comprare tali sostanze; oggi, invece, tale fenomeno, si sviluppa indipendentemente dalle condizioni sociali e dall’età di un soggetto.

I tossicodipendenti e l’Italia

Secondo una recente indagine statistica, l’Italia si troverebbe al primo posto in Europa per il numero più alto di tossicodipendenti assistiti all’interno di strutture pubbliche, seguita poi dalla Francia e successivamente da Gran Bretagna, Germania e Spagna.

Il traffico di droga, detto anche narcotraffico, è il sistema di compravendita illegale delle sostanze stupefacenti. Tale condotta illecita viene controllata soprattutto dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Il fenomeno del narcotraffico, quindi, assicura un profitto economico notevole per la criminalità organizzata.

Ci si trova davanti ad un fenomeno caratterizzato da una marcata complessità poiché risulta interconnesso con molteplici attori e molteplici fasi che vanno dalla coltivazione alla produzione, raffinazione, acquisizione dei mezzi di trasporto, distribuzione, consumo e riciclaggio.

Le fasi della produzione sono concentrate in aree in cui il narcotraffico ha assunto il controllo del territorio nel tempo.

Le fasi della distribuzione vengono gestite dalla grande criminalità organizzata, la quale gestisce, con risorse finanziarie ed organizzative molto sofisticate e largo uso di strumenti finanziari notevoli, le operazioni.

Le organizzazioni criminali più importanti sono:

  • La criminalità siciliana (mafia), campana (camorra) e pugliese (sacra corona unita), insieme ai gruppi albanesi, tunisini e marocchini soprattutto per l’eroina;
  • la ‘ndrangheta soprattutto, la camorra e le organizzazioni albanesi, colombiane, marocchine e spagnole per la cocaina;
  • la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme ai gruppi marocchini, tunisini, spagnoli e albanesi per i derivati della cannabis;
  • per le droghe sintetiche diversi gruppi della microcriminalità per lo più sganciati dalle grosse organizzazioni.

In Italia, la legge che disciplina il tema relativo agli stupefacenti è il Testo Unico (T.U.) 309 del 1990. Esso stabilisce le norme che regolano gli aspetti legati alla produzione, al commercio e all’uso di sostanze stupefacenti, alla repressione delle attività illecite, alla prevenzione delle tossicomanie e alla cura dei soggetti tossicodipendenti.

Art. 74 e il traffico di droga e sostanze stupefacenti

L’art. 74 del Testo Unico disciplina il tema dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope:

“Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni.

Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 80.

Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell’articolo 416 del codice penale.

Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.

Nei confronti del condannato è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo.”

Traffico internazionale di droga e stupefacenti: cosa sapere?

Traffico internazionale di droga e stupefacentiCosa è bene sapere, invece, sul traffico internazionale di droga e stupefacenti? Ricordiamo, infatti, che esso non è un fenomeno circoscritto all’Italia ma che si parla ad oggi sempre più spesso anche di traffico internazionale di droga e stupefacenti. Il narcotraffico nazionale e internazionale è un’attività illegale nella quale viene attuata la compravendita di sostanze stupefacenti. Il mercato della droga è composto anche da coloro che la producono e la esportano: tali soggetti si trovano soprattutto in Messico, in Colombia, in Afghanistan, in Bolivia, in Perù, in Ecuador, e in Brasile. La maggior parte delle importazioni di tali sostanze avviene verso l’Europa, gli Stati Uniti e Australia.  Le modalità attraverso cui la droga viene trasportata sono le vie aeree, navali o anche aeroportuali: la rete dei narcotraffici è, quindi, estesa in tutto il mondo e, di conseguenza, è molto difficile riuscire a intercettare le organizzazioni criminali che la gestiscono.

In tale contesto, la minaccia per eccellenza risulta essere il traffico di cocaina, che è la sostanza più consumata in Europa.

Tale sostanza viene gestita da organizzazioni criminali molto potenti che sono in grado di acquistare ed esportare dal Sud America (Colombia, Venezuela, Brasile ed Equador) enormi quantità di droga all’interno dell’Europa. In Italia, il traffico di droga è gestito, a seconda dei tipi di stupefacente e dei livelli di smercio, da diverse organizzazioni criminali di stampo mafioso. 

Per quel che riguarda il traffico internazionale di droga e stupefacenti (in particolare la cocaina), sono l’ndrangheta e la camorra ad avere l’egemonia e il controllo in associazione con quelle colombiane.

Il cartello di Medellín fu una grande organizzazione criminale di narcotrafficanti, con base nella città di Medellín, in Colombia. Venne fondata e gestita dal “Signore della Droga” Pablo Escobar ed era operante negli anni settanta e ottanta in Colombia, Bolivia, Perù, America Centrale, Stati Uniti, Canada ed Europa.

Nel 1993, però, il governo colombiano, unito a quello degli Stati Uniti riuscì a smantellare definitivamente l’organizzazione con l’uccisione e l’arresto di tutti i suoi membri.

Il fascino del male di Pablo Escobar, negli anni, è aumentato a dismisura: sono moltissimi i film e le serie tv che hanno come protagonista il narcotrafficante più potente del mondo: gli occhi della gente, infatti, guardano la serie tv Narcos quasi come se, in realtà, Pablo Escobar fosse un eroe e non un criminale.

La Cassazione nella sentenza 1174 del 2007 ha specificato che: “Integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui l’associazione fa traffico, perchè agevola lo svolgimento dell’attività criminosa dell’associazione ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento.”

Arresti per traffico di droga: accuse a livello internazionale

ArrestiInvece, per quel che riguarda gli arresti per traffico di droga, è bene sapere alcune cose in particolare. Il 20 ottobre 2018 la Procura Distrettuale Antimafia di Firenze ha coordinato un blitz eseguito dai Carabinieri nei confronti di un’organizzazione criminale che trafficava stupefacenti fra Olanda e Italia.

Gli indagati trasportavano la cocaina inserendola in un telaio di un’auto modificato. Tale associazione, aveva creato la base operativa del narcotraffico in Olanda e un’attività di controllo delle piazze di spaccio a Firenze, effettuando le consegne in tutto il territorio italiano.

Affinché si possa accusare un soggetto di essere un narcotrafficante a livello internazionale e quindi agire con arresti per traffico di droga, bisogna fare una netta distinzione fra la partecipazione a singoli fatti illeciti e la partecipazione all’interno di un’organizzazione criminale.

All’interno di un processo, l’accusa dovrà, quindi, provare che il soggetto imputato ha partecipato all’attività illecita insieme ad un’organizzazione criminale ove la sua condotta ha determinato un rafforzamento all’associazione criminale i cui benefici sono andati a vantaggio del sodalizio; il difensore dell’imputato, al fine di escludere la partecipazione all’associazione delinquenziale, invece, dovrà dimostrare la partecipazione singola operazione ma non la partecipazione all’associazione.

Droga parlata e intercettazioni telefoniche

Si parla di “droga parlata”, seguendo il recente orientamento della recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. III, Sent. n. 34132/2018), quando la decisione dell’Autorità Giudicante in ordine alla colpevolezza o meno dell’imputato si basa unicamente sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche e/o ambientali disposte nel corso del procedimento, le quali non risultano suffragate da elementi oggettivi (sequestri, rinvenimento della sostanza stupefacente, trasferimenti di denaro).

In tal caso, il Giudice risulta gravato di un rigoroso onere motivazionale, posto lo scarso compendio probatorio su cui si basa il capo d’imputazione, il cui fondamento è costituito unicamente dalle informazioni carpite nel corso delle intercettazioni.

In particolare, nel caso di cessione di sostanze stupefacenti, l’obbligo di motivazione interessa la riconducibilità delle conversazioni e dell’utenza telefonica attenzionata all’imputato, autore delle stesse; inoltre, tali conversazioni devono avere ad oggetto la sostanza stupefacente; infine, dalle stesse deve evincersi lo scambio intercorso tra cedente ed acquirente.

Ciò considerato, il principio formulato dalla Suprema Corte (Cass. Sez. VI 3.5.2006 Rispoli, Cass. Sez. IV 25.2.2004, Spadaro) consiste nel considerare fonti di prova le dichiarazioni captate nel corso di intercettazioni telefoniche o ambientali qualora rivestano i caratteri di “chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità”, nel senso che la ricostruzione del significato di tali conversazioni non dia adito a dubbi.

Ne deriva, pertanto, che la penale responsabilità dell’imputato debba sussistere “al di là di ogni ragionevole dubbio”: tale giudizio può essere formulato sulle sole intercettazioni qualora le stesse abbiano un significato univoco in ordine alla circostanza che il materiale stupefacente ne costituisca l’oggetto.

Il fenomeno della “droga parlata” risulta strettamente connesso con la disciplina delle intercettazioni telefoniche, disciplinate dagli artt. 266 e ss. c.p.p.

Si tratta di mezzi di ricerca della prova, i cui limiti di ammissibilità sono previsti dall’art. 266 c.p.p.: in particolare, il legislatore utilizza i criteri della gravità del reato (delitti non colposi puniti con l’ergastolo o con la reclusione superiore nel massimo a cinque anni, nonché delitti contro la Pubblica Amministrazione per i quali è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni) e delle singole figure criminose, tra le quali rientrano i delitti concernenti le sostanze stupefacenti e psicotrope.

Il successivo art. 267 c.p.p. si occupa invece di regolare i presupposti e le forme del provvedimento con cui vengono disposte le intercettazioni. Tale disciplina è soggetta al principio della domanda, dal momento che il Pubblico Ministero è l’unico soggetto a poter chiedere l’autorizzazione o la convalida. La norma nulla prevede in ordine alla fase del procedimento in cui le intercettazioni possono essere richieste, sebbene uno dei presupposti di applicabilità, oltre alla presenza di gravi indizi di colpevolezza, risieda nella assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini: si ritiene, pertanto, che la relativa domanda debba essere formulata nel corso delle indagini preliminari.

Non a caso, spetta proprio al GIP emettere decreto motivato di adozione del provvedimento di autorizzazione, convalida e proroga alle intercettazioni telefoniche.

Tuttavia, nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa conseguire un grave pregiudizio per le indagini, il PM emette direttamente decreto motivato di intercettazione, che deve essere convalidato immediatamente e non oltre ventiquattro ore dal GIP, il quale dispone con le stesse modalità.

Le intercettazioni, sia disposte dal GIP che d’urgenza dal PM, non possono durare oltre un massimo di quindici giorni, sebbene attraverso i successivi decreti di proroga le operazioni possano prolungarsi per l’intera fase delle indagini preliminari. Se vuoi, puoi approfondire anche l’argomento su reato di spaccio, articolo 75 stupefacenti, e possesso di stupefacenti.

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Avvocato penalista Milano Francesco D'andria

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